Serena Altavilla è attiva da parecchi anni nel panorama indie italiano: nel corso della sua carriera ha militato in numerose importanti formazioni come Blue Willa, Solki e Mariposa, collaborando con artisti quali Carla Bozulich, Calibro 35 e con il musicista brasiliano Barro. Ad aprile ha pubblicato il suo primo album solista, “Morsa”: prodotto da Marco Giudici, il disco ha visto la musicista di stanza a Prato lavorare insieme a svariati artisti della scena indie-rock italiana. Il risultato ovviamente è di grande qualità . Noi abbiamo approfittato di questo debutto solista per contattare via e-mail la gentilissima Serena e farci raccontare qualche dettaglio sulla sua nuova pubblicazione. Ecco cosa ci ha detto:

Ciao Serena, come stai? Come è la situazione con il Coronavirus in Toscana?
Ciao, sto bene grazie è arrivata la primavera ed è sempre bella. Sul coronavirus in Toscana posso dirti che da oggi dovremmo essere gialli almeno a Prato, che purtroppo ha attraversato e ancora sta attraversando un momento difficile in queste settimane.

Nel corso degli anni hai collaborato e suonato con tanti importanti musicisti nazionali e internazionali, dai Blue Willa ai Mariposa, da Carla Bozulich ai Calibro 35, dai Solki fino al brasiliano Barro: quanto hai potuto imparare da tutti questi artisti con cui hai lavorato? Cosa hanno aggiunto al tuo background musicale?
Ho potuto imparare moltissimo, sono postazioni di osservazione fortunatissime, avere esempi valorosi è qualcosa che sprona sempre a fare meglio. Entrare in contatto con il mondo musicale di altre persone apporta sempre anche nuova musica, nuovi suoni, nuove influenze; secondo me suonare, cantare ha molto a che fare col viaggio in tutti sensi, compreso quel momento in cui sei felice e malinconico di tornare a casa e hai dei giorni di metabolizzazione bellissimi davanti che sono nutrimento per il futuro.

“Morsa”, il tuo primo LP solista è uscito da pochi giorni: posso chiederti quale è il significato di questo titolo?
Ne ha molti di significati, è una sensazione di costrizione ma anche un gesto che trapassa l’epidermide e diffonde una reazione nel corpo che si trova a cercare disperatamente un antidoto attraverso la musica, le melodie, il ballo, insomma una scossa che rianima.

Cosa vuol dire per te aver pubblicato il tuo primo album solista? Quali sono le tue aspettative?
Per me significa aver messo nero su bianco queste canzoni. Fare un album è una trascrizione di un momento personale che in questo caso non aveva un gruppo o una sala prove dove andare a confrontarsi. Cercavo una situazione da svolgere in duo ma circondata dai suoni e dai mondi di musicisti tutti diversi e molto personali. Spero che venga ascoltato e che possa ascoltare a suo volta i bisogni degli altri.

Quale percorso di evoluzione ti ha portato a questo tuo debutto solista? Quanto sei cambiata a livello artistico rispetto ai tuoi esordi?
Si cambia continuamente, è naturale, è normale che sia la stessa persona, ma tutta un’altra allo stesso tempo. Certe attitudini non se ne vanno mai e ti ci ritrovi sempre davanti, ma ad esempio non avrei mai creduto di fare un disco senza chitarra, c’è solo un piccolo meraviglioso intervento di chitarra in tutto il disco. Prima avevo molta paura delle mie idee o sensazioni e mi fidavo poco del mio istinto, ora un po’ di paura se n’è andata via.

A questo tuo primo LP hanno partecipato tanti nomi importanti del panorama indie italiano tra cui Marco Giudici (Halfalib, Any Other), Enrico Gabrielli (Calibro 35, PJ Harvey), Adele Altro (Any Other), Fabio Rondanini (Calibro 35, I Hate My Village), Jacopo Lietti (Fine Before You Came), solo per citarne alcuni: che cosa hanno aggiunto al tuo album questi artisti?
Mi sento davvero fortunata perchè in questo disco ogni musicista ha dato quello sentiva e Marco Giudici, che ha anche suonato nel disco, ha guidato con grande creatività  e libertà  i musicisti sempre rimanendo attento ad ascoltare i veri bisogni della canzoni, ha saputo fondere insieme tutti i talenti musicali per dipingere dei panorami intorno ai brani che erano già  molto a fuoco nei provini.

Quali sono state le tue principali influenze musicali per questo tuo primo LP solista? E quali, invece, sono state le tue maggiori ispirazioni durante la scrittura dei testi?
David Lynch e Angelo Badalamenti, i canti popolari del sud Italia, Helen Forrest con le big band, Charlotte Gainsburg, la serie originale della famiglia Addams che guardavo a ripetizione. è stato davvero un salto nel buio non avevo idea di come potevano risultare queste canzoni in italiano, ma sentivo che dovevano essere nella lingua in cui penso, nonostante un sottile disagio che in realtà  mi ha spronato ad andare a fondo di questa disperata curiosità  che sentivo. Sentivo che cercavano un chiarore lunare, una notte luminosa.

Quanto ti mancano i concerti dal vivo? Questa estate – se la situazione con la pandemia lo permetterà  – hai intenzione di portare in giro il tuo disco?
I concerti e la gente prima durante e dopo i concerti mi mancano tantissimo, penso che con tutte le cautele riprenderanno i concerti e penso di portare in giro in duo queste canzoni, non vedo l’ora.

Un’ultima domanda: per favore potresti scegliere una tua canzone, vecchia o nuova, da utilizzare come colonna sonora di questa intervista? Grazie mille.
Visto che a Prato il vento ulula spesso molto forte scelgo “Sotto Le Ossa” da “Morsa”.
Grazie a voi, un bacio!

Photo Credit: Silvia Bavetta