Nel distretto di Earl’s Court a Londra, si trova una delle dimore del Diamante Pazzo, fondatore dei Pink Floyd.
Un semplice appartamento nel quartiere di Londra suscita in realtà  molta curiosità  tra i fan di Syd Barrett: è come se li dentro fosse racchiusa la sua essenza.
Al tempo in cui viveva a Whetherby Mansions, Syd registrò con David Gilmour il suo album solista “The Madcap Laughs“. Il disco necessivata di una cover, Barrett liberò la sua stanza e si occupò di tinteggiare il pavimento: la copertina di questo disco ritrae Syd Barrett in posa, a piedi scalzi su questa ormai celebre pavimentazione.
E’ davvero complicato parlare di normalità  se si parla di Syd, testimione dei retroscena della copertina di “The Madcap Laughs” è il suo coinquilino dell’epoca, il pittore Duggie Fields, che ci racconta che Barrett dipinse il pavimento senza porsi il problema di pulirlo, perciò rimasero incastonate nella vernice i mozziconi di sigarette, fiammiferi, la polvere e il pelo di cane.
Questo aneddoto è solo uno tra i tanti, numerose bizzarrerie ormai avevano preso il sopravvento sulla figura di un ragazzo che diede il nome alla band “Pink Floyd” e compose la maggior parte di brani che permisero al gruppo di scalare il successo.

Come si legge nel libro “Crazy Diamond il viaggio psichedelico di Syd Barrett” di Mike Watkinson e Pete Anderson, i componenti della band raccontano di essersi trovati costretti ad abbondare e sostituire il loro amico. Non è chiaro cosa sia esattamente accaduto a Syd Barrett, forse l’abuso di acidi ha compromesso la sua stabilità  mentale in maniera definitiva. Forse invece, come altri sostengono, Barrett aveva una patologia psicotica che insieme all’abuso di sostanze stupefacenti divenne ingestibile. Alcune “stramberie” che Syd faceva erano invece frutto di un artista illuminato che si proiettava verso la sperimentazione più totale.
Certo è, perciò, che Syd Barrett non era di facile comprensione per nessuno, la sua anima era esattamente come il pavimento del suo appartamento, la sua condizione si è trasformata in “Non essere“,ha vissuto lontano da tutti, nel silenzio più profondo, forse a tratti consapevole della sua condizione mentale.

Nonostante riuscì ad incidere due album da solista, Syd era ormai lo spettro di se stesso, a tratti ancora magnetico e geniale ma, con l’uscita dell’album “Wish You Were Here” da parte dei Pink Floyd, nella mente di molti fan scattò qualcosa di molto strano. Se da una parte nacque un club che si occupava di gestire gli “avvistamenti” di Syd, altri si imposero di pensare che Syd fosse morto. Ecco perchè quando il 7 luglio del 2006 Syd Barrett morì, per tanti che in lui hanno sempre visto il primo rappresentante del Rock Psichedelico, è stato come se morisse una seconda volta.

Syd Barrett forse è morto quando è stato mandato via dai Pink Floyd, forse è morto durante le registrazioni di “Shine on You Crazy Diamond”, per non parlare di tutte le volte che è stato avvistato come fantasma, fino a morire davvero 15 anni fa.
Dopo la sua scomparsa, il libro è stato aggiornato e al momento possiamo definirlo il più completo se si vuole indagare il più possibile su Syd Barrett, un giovane e complicate ragazzo, magnetico, problematico e affascinante artista.

Gli autori hanno messo su carta la vita di Syd Barrett in collaborazione con la sua famiglia, regalandoci una numerosa lista di testimonianze da parte di chi ha potuto vivere vicino all’indimenticato artista.
Syd Barrett è infatti impossibile da scordare.
I Pink Floyd sono andati avanti con la loro straordinaria e meritata carriera ma, sebbene talvolta negaqto dagli stessi componenti della band, Syd è sempre stato con loro. Il volto di Syd è ben visibile in molte delle tracce di “The Dark Side of the Moon“, ed è impossibile non riconoscerlo nel personaggio che Bob Geldof interpreta in “The Wall”, rasato e senza sopraciglia, mentre “da di matto” nella sua stanza.