Quanta magnifica grazia ed eleganza ci trasmette, ogni volta, Azniv Korkejian, in arte Bedouine. Il suo nuovo album “Waysides” segna ancora un viaggio nel suo mondo delicatamente folk, incapsulato in una realtà  senza spazio e senza tempo, in cui entrare in punta di piedi, per paura di spezzare qualcosa di magico e spirituale allo stesso tempo. Si trattiene il respiro quando si ascolta la musica di Beduoine, per non incrinare quell’incanto che si percepisce, come entrare in chiesa durante una cerimonia tanto curata e ammirevole quanto semplice e mai fuori posto perchè troppo barocca. Perchè alla fine è proprio questa la bravura di Bedouine, risultare quasi spartana ma nello stesso tempo tutt’altro che “sempliciotta” o banale, ma anzi, ricca di poesia e suggestione.

I suoi riferimenti li conosciamo e li ritroviamo anche questa volta, ci mancherebbe: da Nick Drake a Joni Mitchell il tributo pagato al passato da Bedouine è chiaro e limpido, ma il suo prezioso folk non risulta essere solo mero esercizio di stile o sbiadita copia di spunti ormai consolidati. Il merito è nel carisma e nella credibilità  che Bedouine si è costruita in questi 3 album, favolosa cantrice di morbide ed intime suggestioni tanto quanto di un delicato filo nostalgico che deriva, crediamo, proprio dalla sua storia personale di girovaga. Il fatto che nel disco, come lei stessa ammette, siano presenti brani “scartati” dai due lavori precedenti non sminuisce questa terza fatica, ma anzi, riconosce ancora più valore alla penna della fanciulla nata in Siria, che aveva deciso di non includere vere e proprie delizie perchè sembravano non integrarsi con il resto del precedente album o non erano ancora pronte. Meritavano di essere riprese, ve lo assicuriamo.

“The Wave” ha ottimi spunti bucolici che si fanno adorare, “I Don’t Need The Light” è così fragile che ci viene la pelle d’oca ad ogni ascolto, con l’inizio chitarra/voce e poi la ritmica e i piccoli arrangiamenti che vengono a sostenere il tutto in modo aggraziato e toccante, mentre il crescendo più corposo di “Forever Everette” lavora alla grande sugli interecci vocali e ci conquista fin da subito. Pezzo da novanta del disco resta “Sonnet 104”, perla quasi alla Simon & Garfunkel con una punta di magica popedelia liquida in cui perdersi.

Terzo disco, terzo centro. Brava Bedouine. Bravissima.