“Hunky Dory” corrisponde al nostro modo di dire “alla grande” o anche “rose e fiori“, ed in effetti il periodo che precede l’album era un momento particolarmente felice per Bowie, che era finalmente sbarcato negli Stati Uniti dove aveva promosso “The Man who Sold the World” e aveva ottenuto un ottimo riscontro andando ospite un pò dappertutto ed era soprattutto entrato in un periodo di creatività  forsennata che non lo avrebbe abbandonato poi per lungo tempo.
A questo si aggiungeva il fatto che aveva iniziato ad avvicinarsi al pianoforte con il quale aveva scoperto nuove possibilità  creative e nuovi stimoli. “Hunky Dory” nasce con un Bowie propositivo e meno introverso rispetto a come si era proposto durante il periodo realizzativo del suo precedente lavoro.

Sono particolarmente affezionato a questo album perchè “Changes” è la prima canzone che ho ascoltato di David Bowie, era il 1975 ed avevo dieci anni e un mio vicino di casa vedendomi sempre in giro con la radio o un mangiadischi a 45 giri mi regalò un pacco di vinili di vecchi jukebox.

Avevano delle hit su tutte e due i lati, così all’improvviso scoprii un mondo sconosciuto, c’era di tutto dai Rolling Stone con “Angie”, a Elton John con “Goodbye Yellow Brick Road “, i Genesis di Peter Gabriel, e anche tantissime altre cose da Rita Pavone a Battisti, un estate di ascolti nei quali su tutti mi colpì “Changes” di David Bowie, un mondo di nuova musica da ascoltare.

A parte il ricordo personale, “Changes” resta una dei brani più amati del primo Bowie, è anche carico di significato rappresentando anche nel testo il suo manifesto, il cambiamento come elemento essenziale del suo essere attore della musica, con il ritornello «ch-ch-ch-changes » che richiama la famosa «my g-g-g-generation » degli Who, che Bowie apprezzava particolarmente, un testo per certi versi anche spiritoso.

Il lato A ci regala altri brani che sono poi diventati cult, “Oh! You Pretty Things”, con la sua melodia irresistibile dal sapore alla Beatles e un testo che preannuncia le tematiche sci-fii, scalerà  le classifiche tramite una cover, e “Life on Mars?” grande successo indimenticabile e amatissimo.

Non mancano gioielli anche nel lato B, quasi un tributo ad alcuni suoi miti americani, come “Queen Bitch” dove troviamo accostamenti con Lou Reed, o gli espliciti riferimenti di “Andy Warhol” e “Song for Bob Dylan”.

Un ricordo a parte merita la spesso dimenticata “Quicksand”, uscita originariamente come B side di “Rock ‘n’ Roll Suicide”, è un brano dove la chitarra acustica e gli arrangiamenti appaiono ancora assolutamente moderni, il brano maggiormente da riscoprire di questo album.

In questo “Hunky Dory” troviamo un Bowie che si libera della pesantezza rock dell’album precedente, concedendosi un atmosfera pop dove anche la chitarra di Ronson fa un passo indietro, un Bowie ispirato che si appresta a percorrere la sua golden age carico di idee.

Data di pubblicazione: 17 dicembre 1971
Tracce: 11
Lunghezza: 39:04
Etichetta: RCA Records
Produttori: Ken Scott, David Bowie

Track List:
1. Changes
2. Oh! You Pretty Things
3. Eight Line Poem
4. Life on Mars?
5. Kooks
6. Quicksand
7. Fill Your Heart
8. Andy Warhol
9. Song for Bob Dylan
10. Queen Bitch
11. The Bewlay Brothers