Non credo che ad Amsterdam conoscano la nostrana figura folcloristica della Befana, la vecchia signora che a cavallo di una scopa porta regali nella notte tra il 5 e il 6 di gennaio. Magari, se avranno la fortuna di leggere questo articolo, ne verranno a conoscenza e chi lo sa, scriverci al riguardo una bella ballata grunge.
Il quartetto olandese nasce duranta il periodo scolastico quando un professore unì quattro ragazzi dando loro il compito di creare una ventina di minuti di musica inedita.
Roos (voce e chitarra), Wesley (chitarra e voce), Maurice (basso) e Marc (batteria) sfruttarono questa opportunità  per conoscersi meglio e nel giro di qualche mese pubblicarono il loro primo singolo “Crazy Bae”.
Una manciata di singoli e tre anni più tardi dal loro debutto, i TAPE TOY pubblicano il loro primo album, nel giorno in cui la befana cavalca i cieli distribuendo doni.

Nelle loro prime interviste definirono il loro sound “bubble grunge, come Gwen Stefani ma più forte, come i Nirvana ma più felice“.
A noi che amiamo la musica senza perderci nelle etichette, le canzoni dei TAPE TOY sono piaciute per l’energia, per la compattezza, per la voce di Ross, per come sanno costruire i brani, l’alternanza delicato/potente che da sempre è un effetto che paga.

In questo debutto i 12 brani dal minutaggio snello (sempre sotto i quattro minuti) si susseguono con piglio deciso. La band sembra non soffrire di nessuna timidezza, la produzione di Iwen Legro è eccellente.
La opener “Tired” è un’ottima dimostrazione di come la band sappia ricamare cambi di tempo ed energia, passando da un’atmosfera all’altra giocando con gli strumenti e le voci.
La bipolare “The One Who Got Away” è disegnata con mirabile finezza, mentre l’anima rock si materializza in “Phone Call”. Brani con una indiscussa indole ruffiana, con melodie piccanti e sornione come in “Hold On” che da romantica ballata acquisisce forza e malinconia strada facendo.
Innamoriamoci di “Stay”, non ci vuole molto, basta ascoltarla mentre in “Crushed” assaporiamo quell’inquietudine grunge percepibile tra i solchi del disco. La title track è introdotta dai 47 secondi di “Funny”, una registrazione casalinga voce/chitarra che ha già  le radici per diventare un nuovo pezzo della band. Tornano le vibrazioni di Seattle in “Lizzie” che anticipa la ritmata e delicata “Drink or Two”. Chiudono l’album la riflessiva “Karaoke” e “Postcards”, degna conclusione di un ottimo disco che merita tutto il nostro apprezzamento.