I Rolo Tomassi fanno un ulteriore passo in avanti nel loro coraggiosissimo viaggio nei meandri del metal (inteso nel senso più “largo” possibile) con “Where Myth Becomes Memory”, sesto album che arriva a distanza di quattro anni dal precedente “Time Will Die and Love Will Bury It”. La band di Sheffield, attiva ormai da quasi due decenni, prova a imporsi definitivamente sulla scena internazionale con un disco maturo, ambizioso e a suo modo complesso, senza però mai suonare stucchevole nelle sue continue ““ e spesso sorprendenti ““ evoluzioni sonore.

Impossibile dare indicazioni chiare sulla natura di un lavoro nel quale, come da tradizione, l’unico punto fermo è il desiderio di esplorare e approfondire tutte le potenzialità  espressive di generi spesso diametralmente opposti tra loro. A illuminare la via è la voce di Eva Korman, una cantante dal talento apparentemente smisurato che, in estrema scioltezza, sa passare dai sussurri dolcissimi e melodiosi tipici del dream pop al growl più disumano e brutale, a tratti screziato di quelle note gelide che caratterizzano lo screaming del black metal.

L’incredibile versatilità  della talentuosissima frontwoman è il motivo principale per cui la musica dei Rolo Tomassi non conosce praticamente alcun limite. Con l’approccio tipico di chi conosce a menadito i segreti del progressive, il quintetto britannico abbatte ogni sorta di barriera stilistica in un viaggio che parte con lo shoegaze quasi puro di “Almost Always” e procede in maniera letteralmente esplosiva, lungo un percorso disseminato da micidiali mine metalcore, mathcore e post-hardcore (“Cloaked”, “Labyrinthine”, “Prescience” e “To Resist Forgetting” quelle su cui vale mettere il piede sopra).

Ma è l’imprevedibilità  il vero punto forte delle dieci tracce di “Where Myth Becomes Memory”, tutte frutto dell’originalità  di una band che non si fa alcun problema a passare, spesso nel giro di pochissimi secondi, dalla calma più celestiale alla rabbia più incontenibile. I Rolo Tomassi possono cullare l’ascoltatore, magari trasportandolo nel mondo dei sogni (vedere la dolcezza del dream pop di “Closer” o la delicatezza della piano ballad “Stumbling”), oppure azzannarlo alla gola con delle scariche spaventose del metal più moderno e aggressivo, figlio di tanti e tanti padri diversi (Deftones, Gojira, Cult Of Luna, Deafheaven, Battle of Mice“…). Se vi piacciono le sfide, un disco come “Where Myth Becomes Memory” non potrà  che conquistarvi: intenso, entusiasmante e assolutamente inclassificabile.