Riccardo Morandini è un musicista che ha fatto della versatilità  una ragion d’essere, impegnato in mille progetti come Mr Zombie Orchestra, Collettivo Ginsberg, Kimia Ghorbani, Tower Jazz Composer Orchestra e più di recente chitarrista di Superpop, oltre ad aver collaborato con Alessandro Ristori e Sammy Osman. Arriva anche il primo album a suo nome che segue a stretto giro di posta l’EP “Eden” e riesce incredibilmente ad unire buona parte delle influenze musicali di Morandini come già  facevano in modo diverso i quattro brani usciti nel 2021.

“Il Leone Verde” co – prodotto insieme a Franco Naddei, col suo titolo ispirato al simbolo alchemico del vetriolo, amplia ulteriormente il discorso lasciando spazio a tentazioni fuzz, chitarre e organo, mellotron e poliritmi dal sapore mediorientale che indagano il rapporto con sè stessi, tra egoismi e innocenti evasioni. Un disco poliedrico insomma che già  dalle prime note di “Immagine” alterna distorsione e pianoforte in arrangiamenti che spingono verso universi psichedelici. “Unione” punta invece sulla melodia per creare un sentimento solidale espresso con chiarezza e lucidità .

Un crescendo che passa per la movimentata ebbrezza di “Menade”, il romanticismo ritmico e cantautoriale di “Farfalle e candele”, la spiritualità  di “Candida rosa” che ricorda i CSI, il piano di “Sole dei sensi” che apre la strada a un ritornello fortemente armonico, il ritorno alla natura di “Luce sulla collina”. Se in “Eden” si potevano cogliere echi de I Cani e Baustelle, “Il Leone Verde” ricorda le evoluzioni di Andrea Laszlo De Simone. “L’identità  è solo paura del cambiamento” canta Morandini e di cambiare ed andare oltre non ha certo timore.