Siamo nel luglio del 1982. I Generation X (o Gen X che dir si voglia), mandati in pensione subito dopo il flop commerciale di “Kiss Me Deadly”, sono già  da un anno un pallido ricordo per il non più giovanissimo ma ancora molto ambizioso Billy Idol. Forte del successo di un singolo perfetto come “Dancing With Myself” e delle lezioni apprese da un produttore del calibro di Keith Forsey, un pioniere della disco noto per le numerose collaborazioni con Giorgio Moroder, il cantante londinese fa il suo debutto da solista con un album costruito col chiaro intento di sfondare una volta per tutte non solo nella natia Inghilterra, ma anche (e soprattutto) negli Stati Uniti.

Le premesse, però, non sono tra le migliori, perchè i brani in scaletta hanno un gusto un po’ troppo new wave per gli americani e la foto in copertina, con quella camicia sgargiante legata in vita, stona di molto con lo stile di un personaggio che le ossa, nel bene e nel male, se l’è fatte col punk. Qualcuno storcerà  il naso leggendo simili parole, ma è così: Billy Idol è realmente un figlio dei Sex Pistols. L’amicizia di lunga data che lo lega a Steve Jones ne è una prova evidente: l’ambiente in cui sono cresciuti è lo stesso.

Ma l’ex frontman dei Generation X non ha la stoffa del vero provocatore. Consideriamolo pure una versione ripulita di John Lydon che, incapace di scandalizzare, decide di giocarsi le sue carte sfoggiando un bel visetto da adorabile bullo e un inimitabile ghigno sprezzante: un mix perfetto per i videoclip della nascente MTV.

è quindi la metamorfosi da punk rocker all’acqua di rosa a teppista glitterato a regalare un futuro roseo a Billy Idol che, pochi mesi dopo la pubblicazione del suo esordio, esplode definitivamente grazie al clamoroso successo di “White Wedding”. Una canzone puramente rock – a tratti persino ruvida, a differenza delle sue “compagne” di LP. Un pezzo oscuro e sensuale che può contare su delle melodie incredibilmente conturbanti, sui toni western della chitarra di Steve Stevens e sull’interpretazione di un Idol al massimo delle forze, virtuoso nel passare con nonchalance dal vocione profondissimo delle strofe al ruggito grintoso del ritornello.

Nel 1983 il singolo in questione spacca le classifiche di mezzo mondo. La casa discografica, ben lieta di ritrovarsi tra le mani una gallina dalle uova d’oro, dà  risalto all’immagine da ribelle di Idol e manda in ristampa l’album con una copertina alternativa (la camicetta colorata sparisce per far spazio a un più “cattivo” chiodo a mezze maniche) e l’inclusione di un vecchio cavallo di battaglia, ovvero “Dancing With Myself”. Un’altra traccia monumentale che, affiancata a “White Wedding”, mette letteralmente in ombra il contenuto di un album davvero troppo pop per un tipetto tosto come Billy Idol.

Non che non vi sia nulla di buono da recuperare da un disco che può comunque far affidamento sull’energia di “Come On, Come On”, sulle sfumature sintetiche di una “Hot In The City” dal sapore “’50s, sul ritmo incalzante di “Love Calling”, sui virtuosismi di Stevens che emergono tra le pieghe new wave di “Shooting Stars” e sulla dolcezza (forse troppo stucchevole?) della gradevolissima ballad “It’s So Cruel”.

E allora qual è il difetto di fondo di questo album? Forse il suo problema sta nel non riuscire a darci un’immagine chiara e definita del vero Billy Idol, se non nella già  citata “White Wedding” e in altri brani più robusti in termini di sound (penso principalmente alle filigrane rock e punk che traspaiono da “Dead On Arrival”, “Nobody’s Business” e “Hole In The Wall”).

Un lavoro un po’acerbo, invecchiato male, fiaccato da qualche riempitivo ma anche fondamentale per l’evoluzione di un artista che, di lì a poco, dimostrerà  di saper imparare dagli errori, tanto da correggere il tiro e ripartire dalle buone idee qui presenti. Per capirlo vi basti recuperare una copia di “Rebel Yell”.

Data di pubblicazione: 16 luglio 1982
Tracce: 10
Lunghezza: 39:51
Etichetta: Chrysalis
Produttore: Keith Forsey

Tracklist:
1. Come On, Come On
2. White Wedding (Part 1)
3. Hot In The City
4. Dead On Arrival
5. Nobody’s Business
6. Love Calling
7. Hole In The Wall
8. Shooting Stars
9. It’s So Cruel
10. Congo Man