Mi tolgo subito il dente, così almeno parto con il botto: che si parli tanto di beabadoobee (che a me piace, sia chiaro!) e non con altrettanto clamore di Her Skin è una cosa inconcepibile, perchè qui il talento e la bravura sono decisamente alla pari. La fanciulla modenese ci aveva deliziato con una serie di singoli magnifici, che sono serviti da apripista per questo “I Started A Garden”, emozionante viaggio introspettivo che poi alla fine è così empatico che, credo, riescirà  a toccare le corde emotive di ogni ascoltatore.

E’ passato un po’ di tempo dal già  delizioso “Find A Place To Sleep” e Sara è diversa dall’artista di quel disco. Diversa nell’approccio, nella consapevolezza, nella stessa proposta musicale. Una diversità  che non si nota solo rispetto al lavoro precedente, ma, come dice lei stessa, anche nella lavorazione a questo album, durata 3 anni. In un lasso di tempo così lungo le persone cambiano, anche radicalmente. Ecco che, in questo percorso di trasformazioni, ci vuole comunque una capacità  non indifferente per gestire tutti i pezzi del puzzle che compone la nostra vita, sopratutto se poi devono confluire in un prodotto musicale che abbia comunque una sua unità .

Sara Ammendolia ha lavorato su questa sua caparbietà  e su un percorso musicale più elaborato: il tutto l’ha portata a “I Started A Garden”, un disco bellissimo. Come si fa a non usare questo superlativo assoluto di fronte al candore, alla sincerità  che Her Skin mette in campo? L’ennesima fanciulla con la chitarra che suona in cameretta? Ma per favore. Sara è uscita dalla stanza e ci si mette davanti, nel suo modo delicato ma nello stesso così passionale, con le radiografie del suo cuore e dei suoi pensieri…quando ti manca qualcuno, quando ti mancano le parole, quando il cuore pesa, quando vorresti stare da solo ma forse non ce la fai, quando rompi e vorresti ricucire per poi rompere ancora…un mondo catartico, quasi una terapia, che viene messo in musica con grazia e apparente semplicità .

Her Skin scivola su melodie agrodolci, la sua chitarra ci accompagna, la sua voce è quella di chi ha vissuto tutto sulla sua pelle e si sente pronta a dirlo, ma le fragilità  sono ancora li, un passo indietro. Il suo folk si fa più intenso, più importante, meglio arrangiato e più ricco, sfiorando il dream-pop in alcuni frangenti, senza vergognarsi, a tratti, di essere quasi (!) scanzonato, in una forma che sorride al pop. Le melodie sono sempre importanti, arrivano fluide, entrano in testa. Convince nel taglio minimale “bones”, esalta nell’esuberanza indie-guitar-pop, dal ritmo vivace, di “confident” e “sober”, entrambe con una melodia immediata e coinvolgente, incensa un mood autunnale con l’arrangiamento notturno di “older” e poi sa farsi ariosa nella grazia di “suitable”. Eppure forse il meglio deve ancora venire, perchè “changing” è suggestiva e malinconica come non mai e “forget me” è semplicemente la canzone più bella del disco, con questo crescendo anche sonoro che ci manda in paradiso con la ripetizione di “”‘Cause I tried, and I tried I thought I had everything under control“, le voci che si rincorrono e l’arrangiamento che sale di tono. Dio che meraviglia.

No, non siamo di fronte alla Soccer Mommy italiana, niente poster in camera di Alanis Morissette, qui abbiamo Sara Ammendolia che, con il suo carico vero di paure, ansie e fragilità , a tratti (nel sound) potrebbe chiamare in causa forse più Phoebe Bridgers, ma è giusto uno spunto, una minima direttiva che appare tra le tante suggestioni. Anche la stessa beabadoobee, nei suoi brani più acustici, citata all’inizio, può apparire tra i riferimenti, e la cosa non è affatto un male.

Se siete usciti tramortiti e appesantiti dall’ascolto di Manuel Agnelli, ecco, ritrovate una via per volervi bene, con il nuovo album di Her Skin. Fatelo, mi raccomando. Brava Sara, ti voglio bene.

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