“Sludge Pop” è un termine che non capita spesso sentire pronunciato quando al bar, con gli amici,   si dibatte di generi musicali. Tradotto nella nostra lingua “Sludge” è il fango, che è anche la definizione più “nobile”.
Decisamente più spregevole è l’altra versione del termine che sta a indicare “le sostanze di scarto derivate dal trattamento dei liquidi fognari, o comunque di liquidi di lavorazione“.

Non parrebbe quindi un genere per signorine e infatti si utilizza per varianti vicine al metal e al doom con i Melvins presi come riferimento.
La versione pop dello “Sludge” sembra però calzare perfettamente per i Terra Pines, trio proveniente dalla città  Australiana di Brisbane.
Anche il termine grunge-gaze si può trovare leggendo qua e là , ci piace pure questo ibrido ma lasciamo al lettore il compito di scoprire i nomi dei pionieri del genere, noi preferiamo immergerci nei suoni di questo disco senza perder tempo…

Kelly Hanlon (voce e chitarra), Owen Dengate (chitarra e voce) e Cameron Smith (Voce, Batteria e tastiere) non sono all’esordio: “Downbeats” è il sophomore che segue il loro album omonimo del 2018.
E proprio un brano che non trovò spazio nell’album d’esordio trova la sua giusta collocazione quattro anni dopo, aprendo addirittura l’album. “Sun Spells” è giustamente il raccordo fra i due album: crudo-diretto-istintivo il primo si confronta con una produzione più curata, strati sovrapposti, chitarre anche gentili, ricerca della melodia nelle voci che spesso si corteggiano nelle armonie.
Atmosfere che cambiano e si trasformano da brano a brano tengono alta l’attenzione. Non mancano le idee.
Il periodo pandemico ha dato l’opportunità  ai tre artisti di lavorare sul materiale che aveva preso forma già  nel 2019. Cameron oltre a suonare la batteria è un eccellente ingegnere del suono e questo ha permesso alla band di rifinire i brani in studio già  ottimamente realizzati.

E’ proprio questa miscela di suoni robusti che si alternano a melodie soffici e chitarre quasi pulite a dare all’album un gusto del tutto particolare donando quell’atmosfera cupa e tenebrosa.

“Pinos Altos” ha una forza spietata, la title track ci accompagna in un viaggio quasi ipnotico con riverberi e distorsioni in crescendo fino a sgomitare con un morbido ritornello.
L’incedere di “Wiseacre”, il ritmo danzereccio di “Nightshade”, il solo di chitarra nella pimpante “Green”, le atmosfere dark di “Cabarita”, la poderosa e incalzante “Indoor Kid”, l’ombrosa e cupa “Harp on” ci regala un arpeggio che padroneggia nei versi con la sua tristezza sensuale.
“Blood Moon” è il pezzo che non ti aspetti, invito la band a ritirare il disco dal mercato e mettere questo capolavoro come brano di chiusura per la sua imponente personalità  e per il finale sontuoso!

Album notevole, nulla da aggiungere.