Mai titolo fu più lungo ed esasperante dal punto di vista concettuale come questo. Il che è un ossimoro: perchè se il titolo del nuovo lavoro dei The Wombats è così lungo, vi sorprenderà  sapere che al suo interno ci sono solo 6 canzoni. E mamma mia, che canzoni.

Dopo l’uscita a gennaio del loro quinto album “Fix Yoursel, Not The World“, che si era ben preso un 7 con qualche critica da noi di IFB, ora è la volta di un EP dal titolo che vedete in oggetto nell’articolo. Perchè di sicuro non lo ripeto. Il lavoro in sè è composto da 6 canzoni, come si confà  ad un prodotto del genere, anticipato da due singoli con nome altrettanto lungo. E questa cosa mi dà  letteralmente sui nervi.

Ma se non vogliamo a stare a fare i criticoni professoroni sulla lunghezza dei lavori, passiamo allora alla parte musicale. l’LP predecessore era piaciuto proprio per il sunto strumentale, vocale etc della carriera del trio inglese. Un lavoro che, a 15 anni dal primo, ci faceva un po’ ricordare quelle hit-bangers di una volta. Per queste sei nuove canzoni il modus operandi è prettamente lo stesso, consideriamolo quindi come l’EP di chiusura di questa era pixelata degli Wombats.

Il problema però si pone su questo punto: come prolungamento ci può andar bene tutto, sia chiaro, ecco però che la ripetizione arriva a livelli eccessivi. Su 6 canzoni, 5 sono letteralmente identiche considerando il giro di chitarra e basso, le percussioni, tastiere e synth annessi. Un qualcosa che gli stessi ragazzi di Liverpool hanno descritto come il loro “lavoro più cazzuto” fino ad adesso (traduzione veloce). Tutta questa cazzutaggine la ritroviamo nel non volere far un passo in avanti, rimanendo nel caro e vecchio giardino verde al protetto e ben riparati.

Essendo un EP (e quindi breve), anche questa recensione seguirà  gli stessi standard. Tralasciando l’ultima traccia, “Good Idea at the Time”, che riesce un pochino a distinguersi, questo ultimo lavoro è il simbolo della paraculaggine e della ripetizione banale e scontata identificandosi non come una cosa a sè stante, ma come un continuum dal lavoro precedente fatto di canzoni scartate all’epoca e ora riesumate dalla tomba. Senza averle ripulite dalla terra.

Credit Foto: Tom Oxley