Ormai da diversi anni Peter G. Holmström dei The Dandy Warhols ha dato vita ai Pete International Airport progetto che lo vede circondarsi di collaboratori sempre diversi per continuare a suonare musica dai tratti decisamente psichedelici ma meno energici rispetto ai TDW. Due album all’attivo (il primo omonimo del 2010 e “Safer With The Wolves …” del 2017) prima di “It Felt Like The End Of The World”.

Credit: Mary Martley

Diversi i punti fermi: undici brani in ogni disco, simbolo della band spesso in bella vista, voglia di sperimentare soluzioni nuove. Questo terzo lavoro si differenzia dagli altri per il notevole numero di ospiti che si alternano a voce e strumenti e per il fatto di essere stato registrato durante la recente pandemia. La linea di basso di “Fascination Street” dei The Cure ha sempre affascinato Holmström e quella malinconia è il trait d’union di quest’ora abbondante di musica.

Dion Lunadon (A Place To Bury Strangers) Tom Petersson dei Cheap Trick, Paulie Pulvirenti (Elliott Smith) alla batteria, Lisa Molinaro (Talk Demonic / Modest Mouse) alla viola danno man forte a Alexander Hackett (Pang Attack)  cui sono affidate “Sea Of Eyes”, “Out Past The Razor Wire (Sigh Sigh Sigh)” e “No Blindfold” ovvero il lato più dark e apocalittico di “It Felt Like The End Of The World” che in “Fluid/Fle” e “Next Of Kin” diventa oscuro e glaciale ai limiti dell’elettronica grazie alla voce di Lisa Elle (Dark Horses).

Daniel Sparks (Omniscuro) s’impossessa della dinamica “The Watermark”, Jasun Adams (Sun Atoms, The Upside Down) appare nella ferale, distorta, ritmata “Commercial Eyez” insieme a Chuck Davis (The Guiding Light) e in “Brave New World” mentre Jason Sebastian Russo (Hopewell, The Guiding Light) si occupa della melodica e contaminata “The Thoughts You Won’t Think” e Rachel Goswell (Slowdive, Mojave 3) è inconfondibile nella dolcissima “Tic Tac”.

 “Il Canto Della Polena” arrangiata da Louise Woodward chiude un album in cui per stessa ammissione di Holmström a volte i cantanti hanno ascoltato i suoi consigli, in molti casi si sono lasciati trasportare dal mood del brano. Una dimensione collaborativa che si addice a Peter G. e il risultato è senza dubbio l’album più completo dei suoi Pete International Airport.