Tratto dal libro di Rumaan Alan e diretto da Sam Esmail, celebre per il ruolo di creator e regista di “Mr. Robot”, questo film sta dividendo un bel po’, con da una parte i detrattori a storcere il naso con alcune critiche di default e dall’altro il popolo a esaltarsi per il contenuto rivelatore. Al solito, io mi metto nel mezzo, probabilmente insieme alla verità.

Un po’ apocalisse shyamalaniana (vengono in mente almeno un paio di film del regista indiano), un po’ visita inattesa a-là Haneke con una spruzzata di lotta di classe black post-Peele, il film di Esmail fa subito il suo punto, fiondando lo spettatore in una fine del mondo, o perlomeno della società, plausibile e ricca di dubbi, disorientandolo alla stessa maniera dei protagonisti privi di internet e di tutte le loro bussole digitali.

La messinscena è molto sobria e credibile, con Esmail che pecca forse di qualche formalismo in eccesso – la camera si muove davvero un po’ troppo, indugiando continuamente in parabole ed ellissi pleonastiche. Non avendo letto il libro non posso dare un giudizio sulla gestione della rivelazione finale, forse mutuata dal romanzo, che ho trovato fiacchi un po’ il risultato finale come il peggiore degli spiegoni. Rimanere nel dubbio avrebbe reso il tutto ancora più terrificante.

Detto questo, il film ti azzecca letteralmente il culo alla seggiola, i colpi di scena sono orchestrati alla perfezione e diverse trovate funzionano alla grande (quella delle Tesla, quella dei denti, quella dei cervi, i cazzo di cervi). Insomma, che non sia un buon film proprio non lo si può dire.

Tra tutti i membri di un cast da grandissime occasioni ho finito col preferire la Roberts, in un ruolo da cinica stronza razzista latente che proprio non le avrei mai immaginato interpretare.