Il fragoroso ritorno dei The Snuts. Potremmo definire così, con un pizzico di sano entusiasmo, la nuova fatica discografica della band scozzese. Giunti alla fatidica prova del terzo disco, Jack Cochrane e soci hanno sfornato un album, questo “Millennials” (pubblicato via Happy Artist Records / The Orchard), che mette in risalto tutte quelle peculiarità che hanno reso la formazione anglosassone uno dei nomi più interessanti della scena indie-rock internazionale. Poco da dire.

Credit: Gaz Williamson

Si tratta, infatti, di un lavoro omogeneo, variegato, zeppo di sfumature sonore che spaziano dall’epic-rock da stadio alle ballad più intime e nostalgiche, vicine – se vogliamo – ad un certo britpop d’annata. Tutto il contrario, in pratica, del precedente “Burn The Empire”. L’antifona, del resto, la si era già intuita con il (bellissimo) primo singolo pubblicato dai Nostri, “Gloria” (che è anche il brano d’apertura dell’album). Si tratta, infatti, di una traccia in odor di eighties, ma con un contagiosissimo riff di chitarra che va a “sbattere” sul ritornello come pioggia contro il vetro. E lo stesso discorso, tutto sommato, lo si potrebbe estendere pure alle incalzanti linee di basso.

Più ci si addentra all’interno delle pieghe (e delle note) di “Millennials” e più ci si accorge di particolari oltremodo reconditi, frutto dell’urgenza compositiva della band dell’ovest scozzese. Del resto, stiamo parlando di un disco registrato tra bus, spogliatoi e camere d’albergo durante il loro ultimo tour mondiale. It’s only rock and roll, baby! Inutile girarci intorno: Jack e gli altri fanno maledettamente sul serio.

Yoyo”, per esempio, è il classico brano dei The Snuts, ma che gioca in un campionato completamente diverso rispetto alle tracce pubblicate nei primi due album dal gruppo britannico. Un po’ come se i Glasgow Rangers si iscrivessero, di colpo, alla Premier League inglese. Già. Perché ascoltando i coretti super-catchy – ma dannatamente cool – del pezzo in questione, appare quasi sacrilego non soffermarsi a dovere sulla consapevolezza raggiunta da Cochrane e compagni nel corso degli ultimi anni. Sanno il fatto loro, i The Snuts. Altroché.

Prendete un brano come “Millionaires”: cos’altro potrebbe rappresentare se non un inno sfavillante dal sapore gustosissimo di indie-glam-rock dei primi Anni Duemila? Per chi scrive, però, la cima dell’olimpo (e di “Millennials”) spetta – senza alcun’ombra di dubbio – alla nona traccia del lotto, “Deep Diving”. Pezzo, quest’ultimo, dotato di un’eleganza atavica ed in cui gli scozzesi sembrano rifarsi – con mucho gusto – ad alcune sonorità che oggi appaiono piuttosto in voga (vedere alla voce “Nothing But Thieves“), condite, però, dal tipico tocco scanzonato dei The Snuts a far la differenza.

“Circles” chiude in bellezza un album che scorre via con “leggera” profondità. E no, non si tratta di un ossimoro, né di un mero paradosso. Attraverso “Millennials”, infatti, i The Snuts hanno (ri)trovato un proprio stile ben definito, ritornando alle atmosfere frivole – ma brillanti e colme di garra – dei loro primissimi lavori.

In parole povere, non sarà facile liberarvi dell’iconica voce nasale del vecchio Jack.