In una scena di “Supersex”, sul letto di morte, la mamma timorata di Dio di Rocco Siffredi chiede al figlio una roba tipo: “Ma tu glielo metti davvero dentro a tutte quelle?“. Rocco risponde sornione in accento ortonese: “No, glielo metto di lato.
Ecco, l’impressione generale è che, al contrario del suo protagonista, “Supersex” lo metta effettivamente di lato, invece di penetrare con decisione nelle pieghe di una figura assolutamente interessante come quella di Siffredi. Proponendo soltanto una visione laterale di quello che il pornodivo, regista e produttore ha rappresentato, nel bene e nel male, per il mondo del porno e in un certo qual modo per la cultura pop italiana.

Piuttosto che sull’importanza e l’intelligenza della figura, la serie indugia sul romanzamento della vita del pornodivo. Concedendo peraltro eccessivo minutaggio e rilevanza alla figura del fantomatico fratello Tommaso, sicuramente ben interpretato da Giannini Jr, ma scritto dagli showrunner un po’ sciattamente e senza badare a esagerazioni.

E quindi ci troviamo di fronte a una serie, anche ben confezionata e intepretata, che però per raccontarci il perché, le cause e la formazione del giovane Rocco, si smarrisce e finisce col dimenticarsi di mettere al fuoco il chi e il cosa.

Ben dotato di talento e non solo, Borghi è entrato però egregiamente nella parte e tiene in piedi lo show anche nei momenti in cui la sceneggiatura crepita di brutto.