Provo sempre molta emozione e non di rado capita di commuovermi pensando a Valentina Giovagnini, un’artista di grande talento e baciata da autentica grazia che ci ha lasciati davvero troppo presto.

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Con il tempo non sono mancate le iniziative a lei dedicate, specie grazie all’impegno e all’amore della sorella Benedetta, come lei cantante e musicista, e il motivo per cui anch’io sono qui a ricordarla è perché il 5 aprile per la prima volta il suo intero catalogo è stato condiviso sulle piattaforme streaming.

Non solo, ai due album già editi (“Creatura nuda”del 2002 e “L’amore non ha fine” del 2009, uscito postumo) è stato aggiunto un altro tassello assai prezioso della sua carriera, un EP di sei pezzi dal titolo “Respiro”.

Il tutto a quindici anni dalla sua morte: era il gennaio del 2009 quando la non ancora ventinovenne toscana perse la vita in un tragico incidente sulla strada verso casa.

L’EP “Respiro” fa parte quindi di un vero progetto di riscoperta della giovane cantante, che culminerà a luglio con l’uscita della raccolta “La mia natura”, un’antologia resa possibile grazie agli interventi ai testi e alle musiche dei suoi più stretti collaboratori Vincenzo Incenzo e Davide Pinelli (colui che in pratica per primo scommise su di lei), e alla dedizione costante della già citata Benedetta Giovagnini.

L’intera discografia verrà inoltre rimasterizzata con il contributo fondamentale di Jurij Ricotti che si è avvalso di un sistema d’avanguardia di intelligenza artificiale per scomporre gli stems originali.

Si tratta di un’opera di recupero assolutamente meritevole, perché se è vero che ai tempi del debutto “Creatura nuda” – un disco pieno di influenze e suggestioni confluito in un linguaggio originale – Valentina Giovagnini era stata salutata da grandi riscontri di critica e di pubblico (impossibile scordare il secondo posto fra le Nuove Proposte sanremesi con la magnifica “Il passo silenzioso della neve” e la sua magnetica presenza scenica), purtroppo a tale successo non seguì poi un altrettanto felice cammino discografico.

In più occasioni provò di nuovo a gareggiare a Sanremo con brani in seguito apprezzati all’interno del suo roster e che andavano a confermarne la particolarità e le qualità, ma per lei ci furono sempre rifiuti e perciò il suo nome continuò ad essere ricordato per lo più da una fedele nicchia di appassionati.

C’è da riconoscere che, pur senza riuscire a trovare altri sbocchi discografici, la Nostra ha continuato tuttavia a portare la sua arte in altri contesti ma solo dopo la sua morte si è potuto finalmente ascoltare il frutto della sua ricerca culminato in un disco come “L’amore non ha fine”, in cui si metteva più a nudo con le sue fragilità e le sue consapevolezze.

Tra musica d’autore, echi folk, suggestioni etniche e medievali, seguendo madri putative quali ad esempio Kate Bush o Enya, fino all’ultimo Valentina stava cercando una propria via del tutto personale con la quale esprimersi attraverso le sette note.

“Respiro” conferma così appieno il suo fermento creativo, a partire dall’omonimo inedito e alla contaminata “Fotosintesi”, fino ad arrivare all’intensa “Inimmaginabile”, uno dei titoli immeritatamente scartati al Festival; nel mezzo trova spazio un’ altra canzone già conosciuta, vale a dire la struggente “Non dimenticare mai” qui in uno speciale duetto con la sorella Benedetta, che assume un significato ancora più profondo.

Convincono infine anche le due cover interpretate non solo con straordinaria perizia tecnica ma anche con grande rispetto e passione: “Hyperballad” celebre hit di Bjork e “Human Behaviour”, sempre del folletto islandese, a testimoniare un’ascendenza quasi diretta con quel mondo artistico sonoro così affascinante e magico.

Come magiche d’altronde erano pure le atmosfere che Valentina Giovagnini ha saputo regalarci in un lasso di tempo così breve, grazie ad arrangiamenti sempre ricercati, a suoni evocativi e alla sua voce angelica e delicata e in grado di comunicare sempre fortissime emozioni.