È uscito da qualche settimana l’ultimo lavoro discografico di Joe Barbieri, navigato artista napoletano che nel corso della sua carriera ha accumulato esperienze preziose e collaborazioni prestigiose, ottenendo sempre buoni riscontri specie da parte della critica specializzata.

Cantautore e produttore abile a muoversi in contesti d’autore, lambendo in più di un’occasione sfaccettati territori etnici e jazz, in questo recente disco intitolato “Vulío” (sottotitolato ‘na parola d’ammore), ha voluto omaggiare e scandagliare il miglior repertorio legato alla musica napoletana, pescando a piene mani da una tradizione sontuosa, in grado di regalare nel corso dei decenni degli autentici capolavori.

Credit: Angelo Orefice

Nella raccolta, comprendente sedici riproposizioni di classici vicini e lontani nel tempo, anche assai differenti tra loro, e l’inedito “Vulesse ‘O Cielo”  il comune denominatore è rappresentato proprio dallo stile e dalla maestria di Barbieri, il quale ha connotato il tutto all’insegna di un filo conduttore musicale declinato prettamente in chiave acustica.

Ne è derivato quindi un album cameristico “per corde”, in cui il Nostro si è fatto accompagnare dai valenti Oscar Montalbano (con la sua chitarra manouche) e Nico Di Battista (alla DBguitar).

Tutti i titoli inseriti sarebbero da citare, sia per l’importanza intrinseca e per cosa significano per la storia della musica napoletana, sia per come sono stati brillantemente riadattati, e l’invito è proprio quello di esplorare con la dovuta cura e attenzione l’opera nella sua interezza, ma concedetemi un plauso particolare per episodi rimarchevoli come “Don Salvato’” di Enzo Avitabile, “Nun Te scurda’” degli Almamegretta o “Voglia ‘E Turna’” di Teresa De Sio, canzoni relativamente recenti ma che non stridono a fianco a brani iconici che rappresentano il vero retaggio della musica napoletana.

Alludo nella fattispecie a “Era De Maggio” e “Dicitencello Vuje”, ad “Accarezzame” di Teddy Reno  e l’emblematica “‘O Surdato ‘Nnammurato”, per non dire dei riferimenti al grande Roberto Murolo, di cui Barbieri non può tralasciare ad esempio l’antica “Reginella” e la più contemporanea “Cu’ Mme” scritta in origine da Enzo Gragnaniello.

“Vulío” piace non solo ovviamente per lo straordinario spaccato musicale che rappresenta ma anche per come il suo autore vi si è accostato, con pudore ma soprattutto con una encomiabile forma di rispetto.