Attiviamo il radar e scandagliamo in profondità  un universo musicale sommerso. Ogni settimana vi racconteremo una band o un artista “‘nascosto’ che secondo noi merita il vostro ascolto. Noi mettiamo gli strumenti, voi orecchie e voglia di scoperta, che l’esplorazione abbia inizio (e mai una fine)”…

E’ come se da Manchester, le ceneri di Mark E. Smith si siano disparse per aria ed abbiamo preso le traiettorie di più venti: quello oceanico, verso la East Coast statunitense, a dare linfa ad organismi già  formati (Protomartyr, Parquet Courts, “…) ma soprattutto quello continentale verso la capitale Londra dove è entrato in contatto con varie realtà , fortificandole, plasmandole, foggiandole. Infettandole.

Gli ultimi anni hanno visto l’emergere o l’affermarsi dei vari Shame, Sleaford Mods, Fat White Family, Idles e di quel punk crudo, minimalista e spietato che proprio in terra albionica aveva trovato la sua massima espressione storica: quasi fisiologico che il batterio, nella sua diffusione, venisse a contatto con i corpi più giovani e permeabili, entrandogli dentro, sabotandone l’integrità .

Caso scuola, i Peeping Drexlers, cinque ragazzi sui vent’anni della South London: Gonzo The Great, alias Dylan Coates, alla voce e tastiera, Joe Love alla chitarra ed anch’egli al microfono, Finton e Otis Hurst rispettivamente al basso ed alla batteria, Pablo Bagshaw alla chitarra.

I primi concerti sono datati 2016: feste, qualche piccolo locale nella periferia di Londra, un look ancora da pomeriggio post comprehensive school , quando la padronanza del palco si fa più piena, tra litri di alcol tracannati ed un pubblico sempre più numeroso, passano i mesi, il look e l’approccio si fanno più sciatti, tossici, degradati, dissacranti.

E’ la gente della working class moderna che si sfoga nel punk, con quel gusto sia per il pop più patinato e malizioso (nei live possiamo anche sentire la cover di “Come on Eileen” dei Dexys Midnight Runners) che per, ovviamente, sonorità  più garage, perverse, underground, ’60 e ’70: i primi singoli del giugno 2017 , “Kiss Me in My Greasy Bed” e “Exposition Dramatic” confermano quanto sopra. C’è del talento e c’è del marcio, che sta prendendo forma.

A novembre esce “The Goof”, con quell’attacco di chitarra alla “Roadhouse Blues”, mentre è dello scorso maggio “Bills Drift” con la sua batteria post punk ed abrasiva.

E sempre più frequenti esibizioni live, anche all’estero (Polonia, Belgio), ed un pubblico che comincia a seguirli sempre con maggior interesse.

E quel nichilismo sporco, sudato, strafottente, malconcio e negligente che sembra essere ormai un marchio di fabbrica: teniamoli d’occhio.