ANOHNI ha condiviso una cover dell’iconico brano “I Will Survive” di Gloria Gaynor, cogliendo l’occasione per ribadire come i colossi di internet siano votati a fare più del male che del bene a persone e artisti.

Ecco quanto l’artista fferma: “A giugno, Facebook mi ha offerto 200.000$ per la licenza di una mia vecchia versione live mentre cantavo “I Will Survive”, per una pubblicità  che rappresentava Facebook come sostenitore delle piccole imprese. Avrei potuto prendere quei soldi, ma ho detto di no perchè non volevo essere complice dell’hosting di Facebook nel rilanciare notizie false che avrebbero potuto permettere la rielezione di Donald Trump. Mi hanno risposto dicendo che stavano tranquillizzando gli altri partecipanti facendo donazioni ad associazioni di beneficenza a scelta. Mi sono svegliato la mattina dopo e mi sono reso conto che questa non è nemmeno pubblicità ; questa è politica, e non so nemmeno quanto sia profonda quest’acqua.
Un mese dopo ho visto l’annuncio. Facebook aveva assunto un altro cantante per copiare la mia versione della canzone. Era una sensazione nauseante. Sappiamo tutti che Facebook, Google, Twitter, Amazon e altri sembrano distruggere le nostre vite, le nostre menti, il nostro lavoro, le nostre culture e la capacità  delle nostre società  di governarsi.
Noi, come artisti, siamo stati i primi ad essere portati avanti per iniziare a nutrire e nello stesso tempo essere prosciugati da aziende come Apple e Facebook.
E ora, come artisti, dobbiamo essere i primi ad andarcene. Dobbiamo dimostrare che è possibile vivere senza Instagram, senza Facebook, senza Google e Amazon. Dobbiamo sforzarci di ricostruire le nostre vite e le nostre comunità , le nostre conversazioni private, in modi che non si affidino a infrastrutture e interfacce manipolatorie fornite dalle più ricche e malvagie corporazioni del mondo.
Dopo la debacle di Facebook, mi sono sentito obbligato a completare la mia versione in studio di “I Will Survive”. è stata la prima canzone che ho cantato nei nightclub di New York quando avevo 20 anni. L’ho cantata centinaia di volte. A quei tempi la cantavo pensando a Marsha P. Johnson e alla comunità  di gay underground che lottavano per sopravvivere di fronte all’AIDS. Ora mi sembra un inno per il futuro della vita sulla terra.
Ovviamente, Youtube è di proprietà  di Google. Non ho chiuso tutti i miei conti. Ma intanto ho voluto parlarvi di questo“.