Torna la band del chitarrista Cristian Zecchin, in arte C. Zek, artefice di un buon debutto targato 2017 ( “Set you Free”), che si caratterizzava nel rispolvero di un sanguigno classic rock venato di funk & soul, ma ricco di freschezza che sapeva di contemporaneità  e forte della coesione strumentale della band, con il leader sempre prepotentemente sugli scudi e con il riuscito doppio uso della voce, stante l’alternanza tra il canto del leader Christian e della ruggente Roberta Dalla Valle.

Avrei voluto assistere alla presentazione live del disco, che sarebbe dovuta essere sabato 7 novembre nel veronese (ovvi i motivi di tale rinvio a data da destinarsi)  ma scopro che, procuratomi il cd dal mio pusher di fiducia, la consolazione giunge ristoratrice visto quanto ho avuto modo di ascoltare in “Samsara”.

Attendevo al varco la band, per capire se sarebbe stata in grado di alzare l’asticella e confermare le confortanti intuizioni racchiuse nel primo album, sicuramente non acerbo ma bisognoso di un seguito maggiormente a fuoco.

Ero quindi propenso ad accogliere una nuova raccolta di brani sullo standard dell’album precedente ma con “Samsara” a mio avviso la band indovina la mossa di mantenere l’ossatura dei brani nello stile a loro più confacente, allargando però le maglie delle composizioni ed accogliendo il magico fluido delle più pure jam session .

Si respira aria di libertà  e voglia di osare ma mai di strafare, mantenendosi nei territori di quel rock caro ai Black Crowes, alla Tedeschi Trucks Band o ad eroi misconosciuti come i The Motherstation (che sono il primo nome che mi sovviene ascoltando Zek e compagni, nel loro essere cosi splendidamente classici senza essere retrò) .

Gustosissime le note di piano disseminate nell’arco dei brani, spesso a seguire magnetici fraseggi chitarristici ricchi di pathos e blues , senza dimenticare il sapiente e caldo uso dell’organo.

Un album da ascoltare tutto d’un fiato, fieri di avere una band italiana che non puzza di pressapochismo e che non gioca con sputtanate versioni di rock all’amatriciana di grana grossa.