Ray LaMontagne è un tipo strano. Barba folta ed incolta, viso ovale come una palla da rugby, due occhi che fissano dritti, ma senza incutere timore, pelle olivastra ed una camicia da boscaiolo, di quelle di flanella a quadrettoni. Non fosse per la chitarra che si porta dietro ed una certa aria mistica che l’avvolge lo scambieresti per un maniaco sessuale. Ed invece Ray sforna il suo secondo album dopo il fortunato esordio di “Trouble”, creando ancora una volta un piccolo gioiello.

Che sia un uomo introverso lo si capisce benissimo ascoltando le sue canzoni, intime, scarne, eppure piene di calore, quasi consolatorie pur essendo preda di demoni e disfunzioni sentimentali ed esistenziali. Leggenda vuole che abiti con la sua famigliola (almeno fino a che la moglie non l’ha mollato) in una capanna inghiottito in un bosco del Maine senza elettricità , acqua corrente ed altre diavolerie moderne, non per vezzo da star, ma semplicemente perchè egli adora il silenzio, l’incisione che il lento scorrere del tempo fa tra le pieghe del suo viso. Non è tipo che ami parlare, meno ancora cantare, ma quando lo fa, starlo ad ascoltare è un’esperienza notevole.

Sussurri ed improvvisi climax vocali, voce pastosa e roca dalle mille sfumature emotive sono le poche ed infinite cose che mette sul tavolo. Altro non ha, forse la fidata chitarra, quasi sempre acustica, punzecchiata a volte da sussurri elettrici, violini, perchè la natura mossa dal vento altrimenti non saprebbe come ripeterla, piccoli gesti in canzoni che conservano e custodiscono la stessa vera disperazione che solo un altro grande come Micah P. Hinson riesce a trasmettere. Una innato talento nello scrivere ballate folk ed un apprezzabile genio nel comporre musica lo si riscontra per tutte le 11 tracce dell’album, a partir dall’iniziale “Be Here Now”, passando per “Three More Days”, pezzo allegro ma non troppo nelle sue virate acustiche. Il tutto è continuamente sigillato dalla sua voce rugosa come la corteccia di un vecchio albero, e da corde vocali incendiate dall’alcool.

Non che passi un po’ di sole da queste parti, ma osservare il cielo che s’annera è uno spettacolo appagante e rincuorante. Se poi mentre sento l’aria riempirsi del presagio della tempesta ascolto pezzi come “Till The Sun Turns Black”, dolcemente arresa tra lievi sezioni di violini, o come “Within You”, ballata malinconica e delicata come poche, non vedo più il senso di desiderare una giornata di sole. Le strade della gioia come quella della salvezza non sono segnate in rosso sulle cartine stradali, ma sfuggono nascoste e timide agli occhi di chi le cerca superficialmente. Ci sarebbe tanto altro da dire, ma non renderebbe bene l’idea. O forse vi basti sapere che l’altra sera ho ascoltato questo disco dieci volte consecutivamente. Correte, correte sicuri verso Ray LaMontagne. E il naufragar vi sarà  dolce in questo mare.

Band Site
MySpace
Till The Sun Turns Black [ RCA – 2007 ]
BUY HERE
Similar Artist: Micah P. Hinson, Okkervil River, Iron & Wine
Rating:
1. Be Here Now
2. Empty
3. Barfly
4. Three More Days
5. Can I Stay
6. You Can Bring Me Flowers
7. Gone Away From Me
8. Lesson Learned
9. Truly, Madly, Deeply
10. Till The Sun Turns Black
11. Within You

RAY LAMONTAGNE su IndieForBunnies
Recensione “GOSSIP IN THE GRAIN”