La strada corta sarebbe quella di prendere a male parole ”  o liquidarlo con una grassa risata alla stregua di qualsiasi disco derivativo-ma-con-classe che possiate ricordare e mettersi d’ingegno a concepire una via di fuga da ogni possibile discussione sul nu-rave come categoria di pensiero. C’è tuttavia da considerare il fatto che nel giro nu-rave Justice è diventato nel passato recente una sorta di faro guida e/o uno dei gruppi da cui attendere sviluppi della “storia”; suppongo che ogni epoca abbia gli eroi che si merita, così a noi oggi toccano dei paladini della dance (o della D.A.N.C.E., come umilmente decidono di intitolare il singolone/asso di briscola contenuto in ” ) che ripropongono pari pari la musica di un gruppo non-di nicchia ancora in piena salute ed in piena attività .

Se vogliamo una chiave interpretativa è quella non troppo geniale secondo cui il nu-rave è una specie di ghetto autoimposto in cui musicisti postpunk e postrock di varia estrazione (anche gente con una reputazione di ferro, tipo MSTRKRFT tanto per dirne uno) si creano la LORO scena dance variegata ed incoerente e giocano a fare i moroder o daftpunk o leftfield o drexciya del loro giro finchè non avranno voglia di giocherellare con qualcos’altro -tipo, non so, il neofolk. E che quindi Justice funzioni così tanto perchè la globalizzazione sarà  anche in atto ma la musica è ancora affare per appassionati a compartimenti stagni, cioè che tutto sta nel sapere quale sarà  il tuo pubblico una volta prodotto il disco. Ed è strano, a pensarci, perchè la musica dance dagli anni ’90 in poi ha sfoggiato con orgoglio una natura palingenetica ed elitarista in cui chi non suona nuovo e/o diverso e/o decontestualizzato si vede tagliar le gambe nel giro di due singoli: in un genere come questo, alle condizioni che conosciamo, gente come i due francesi in esame sarebbe destinata a soccombere dietro la scarsa capacità  di stupire con una così grande padronanza tecnica dei mezzi di produzione. E ”  davvero è emblematico di un vuoto del genere: suona al sedicesimo passaggio come suonava al primo, come un Human After All militaresco e senza un briciolo di senso dell’umorismo, e la sua superficiale gradevolezza da musica carina e divertente ad ogni costo fa istintivamente storcere il naso.

Il problema è davvero il fatto che una musica del genere funziona così tanto come surrogato pop anno ’07, e a dirla così pare che lo Spirito del Tempo si sia preso dieci anni di ferie o si sia fatto clonare anzitempo (e questa se vogliamo è un’immagine mooolto daftpunk…) o abbia deciso di non riguardare il giro di persone che si dedicano a Justice in maniera quasi religiosa. Il punto potrebbe essere questo, e tanti saluti. Accettiamo il giro a vuoto di Justice come un sintomo di nulla e non come un reale cambiamento -in peggio- di tutto ciò che ha a che fare con il groove. Un disco a se stante. Sopra e sotto il vuoto assoluto, ovattato e sospeso di una musica che non è inserita nel contesto spaziotemporale corretto, e in mezzo una ”  pretenziosa e barocca che arriva dove può e fa cassa finchè può, prima di tornare nel meritato posto che la storia del pop ad essa riserverà . Mi chiedo solo una cosa: come sarà  possibile tra dieci anni ripescare Justice per un revival? Non ci pensate quando comprate un disco?