Verso la fine del film, in una di quelle sequenze che cercano di tirare le somme o di estorcere qualche confessione indiretta che riesca a mettere un punto, una giornalista orientale chiede a George W. Bush Junior, il 43esimo presidente degli Stati Uniti d’America, quale segno pensa di aver lasciato nella storia.
Più umilmente, bisognerebbe chiedere ad Oliver Stone come crede che verrà  ricordato da chi ama il cinema.
Come spesso gli è accaduto nella sua lunga attività  – che ha conosciuto momenti di inaudito splendore, tanto da far pensare a lui come ad uno dei migliori registi a stelle e strisce – anche in questo suo controverso ““ e mal distribuito ““ ultimo lavoro i punti secondari catturano maggior interesse rispetto al tema centrale.
Stranamente, questo sembra essere un bellissimo parallelo con l’uomo che “W.” vorrebbe raccontare, sposando in pieno quella linea di cinema d’impegno che è stato da sempre il cavallo di battaglia di Stone: il confronto con la storia, impetuoso per Bush – che vive l’ossessione del costante riferimento con il padre, con le conseguenze non più controllabili delle sue disastrose decisioni politiche – e centrale per il regista, che ha fatto della memoria passata e contemporanea del suo paese il fulcro di tutto il suo cinema.
C’è qualcosa di affascinante nel Presidente meno amato degli Stati Uniti, così come c’è sempre qualcosa di irresistibile nei film di Stone, pieni di difetti e di cedimenti, ma sempre al centro di un dibattito sulla forma e sul contenuto.

Ad esempio, “W.” manca completamente quello che doveva essere il suo obbiettivo principale. Infatti, non è affatto un film di denuncia: nella sua incredibile arroganza, Stone ha dato per scontato che tutti – americani ed europei, senza distinzione ““ siano ignoranti in materia e quindi quasi si sbadiglia davanti a quelle che dovrebbero essere delle “rivelazioni” sull’operato del suo protagonista. Lo sguardo torvo di Dick Cheney che annuncia la guerra al terrorismo come un paravento dietro cui nascondere una battaglia per il controllo delle risorse energetiche dovrebbe svelare un segreto che in realtà  è già  noto a tutti, persino ai cittadini iracheni che non possono permettersi di comprare il giornale, e nemmeno degli esercizi di tiro alla scarpa.
Più che distinguersi per un discorso sull’immagine e sugli attori – da Josh Brolin a Richard Dreyfuss: tutti doppi più veri del loro referente in carne ed ossa – ormai tipico e tedioso (se si pensa ad un film come JFK o a Nixon), il biopic su Bush conferma una volta di più il grande talento di Stone nel creare legami e ruoli nei personaggi, che sfociano in splendide relazioni (quelle sì per niente scontate) in grado di dire sull’uomo Bush molto più che non la cronaca delle sue azioni.

Più che il difficile rapporto con il genitore – che si sa come gli abbia sempre preferito il fratello Jeb – risolto con sequenze nei quali i due non riescono persino a vedersi, e si parlano per lo più al telefono (con Senior dice sempre a Junior come lo abbia deluso) lascia incantati il primo incontro con Laura – timida bibliotecaria stregata da un vaccaro che le parla con la bocca piena di hamburger, facendole complimenti sfacciati – e il rapporto con Karl Rove, il “genio” e lo stratega di ogni sua campagna elettorale, protagonista di un rapporto servile al limite della morbosità .

Tuttavia, Stone è ormai completamente incontrollabile, e il film ha quei tratti di follia megalomane (esattamente come il presidente!) che lasciano ammaliati e allo stesso tempo sfiorano il ridicolo per la loro mancanza di coordinazione: la conversione di Bush con gli interni bui in cui sembra attraversato da demoni interiori, episodi onirici come il leit-motiv del presidente solo nello stadio dei Texas Rangers (di cui è stato presidente), una struttura a flashback che non ha alcuna spiegazione diegetica, una telefonata con la voce di Chirac in fuoricampo e toni che spesso sfociano sulle tinte di una black comedy drammaticamente reale.
Il film non si capisce, come del resto ancora oggi Stone resta difficile da spiegare persino a se stesso.
Tuttavia, non si può fare a meno di consigliarne la visione.

Locandina
Titolo originale: W.
Regia: Oliver Stone
Sceneggiatura: Stanley Weiser
Fotografia: Phedon Papamichael
Montaggio: Joe Hutshing, Julie Monroe
Interpreti: Josh Brolin, Elizabeth Banks, Richard Dreyfuss, James Cromwell, Ellen Burstyn
Nazione: USA
Anno: 2008
Durata: 129′

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