La sostenibile leggerezza del pop. Tutto leggero: il viaggio in un autobus stracarico di ninfette indie glamorous e studenti di Pamplona con autobotte di vino incorporata, l’approdo a un forum intasato di gente e bagarinaggio selvaggio, l’ingresso in un’arena dove stanno già  suonando i Louis XIV, determinati, ma leggeri anche loro. E poi loro, gli idoli del power pop.

Dal live di Killers a Milano ho capito i pregi di una scaletta fatta bene. L’intelligenza di iniziare con “Human”, sempre più Pet Shop Boys e meno David Bowie, ma forse Brandon Flowers voleva solo scherzare all’epoca di quell’affermazione, di sparare “Somebody Told Me” in terza battuta, chi se l’aspettava, e poi l’interludio che tanto aspettavamo: la rassicurante solarità  del kitsch. Ho apprezzato l’onestà  di Flowers quando prima di cantare ” Can’t Stay” ha dichiarato: Questo è il pezzo più avventuroso che abbiamo mai scritto, prima di dimenarsi tra palme finte e banjoo ullulanti. Poi c’è ” Joy Ride” che proprio non si fa ascoltare, con tanto di coreografia dai colori giamaicani, e quasi ti sembra che il chitarrista si sia trasformato in uno strano incrocio tra Brian May e il cantante dei The Darkness, ma forse è solo un gioco visivo. O forse sono le esalazioni di vino di prima.

La scaletta fatta bene fa sì che i Killers suonino in successione, con un certo smarrimento del pubblico giovane, la cover di “‘Shadowplay” dei Joy Division e ” Tranquilize”, nata dalla joint venture con Lou Reed. Nel primo caso, immancabile, la citazione visiva del bellissimo film di Anton Corbijn “Control” (i Killers sono l’unico gruppo della scena attuale a far parte della colonna sonora del film, su espressa decisione e ammirazione del regista. Così come Tim Burton non ha mai girato un video musicale se non “Bones” della band in questione. Tanta devozione non manca di suscitarmi qualche interrogativo). Eppure un senso di disagio, nonostante la bella rivisitazione del pezzo, lo si avverte nel vedere Ian Curtis campeggiare su un maxi schermo con luci glam ed epilettiche mentre si dimena nel suo modo di cantare che a vederlo ti fa sempre male. Come se quello non fosse il suo posto, una cosa che ti fa piacere sul momento, e poi subito dopo trovi sbagliata.

Così quasi sei contenta quando i Killers tornano a fare il loro mestiere, dopo la parentesi grave, e assisti all’esecuzione del brano che a detta loro è il più bello che abbiano mai scritto , ovvero ” Read My Mind” , la beatlesiana “Sam’s Town” – una canzone triste l’hanno fatta- e la conclusione, con tanto di effetti pirotecnici, di ” All These Things That I’ve Done”. Dopo una breve pausa, il gruppo riprende con ” Bones”, l’aggressività  dei vecchi tempi di ” Jenny Was a Friend Of Mine”, l’unico momento un po’ sopra le righe, e il finale con l’epicità  pretesa e forse raggiunta, glielo concediamo, di ” When You Were Young”. Gentili, carini, divertiti. E, soprattutto, leggeri.

Lascio stare le peripezie del ritorno, un forum palesemente inadeguato a gestire l’afflusso di tutta quella gente, la corsa in taxi con il tassista che bestemmia Ma chi ca”… sono questi Killers?, la tua noia improvvisa che non ti fa rispondere. Già , chi sono questi Killers? Ci sono, o ci fanno? E così non glielo dici, al tassista, che la prossima volta che i Killers verranno a Milano, probabilmente i fan dovranno essere raccattati fuori dallo stadio.

Set List:
Human
This is Your Life
Somebody Told Me
For Reasons Unknown
I Can’t Stay
Joy Ride
Bling
Shadowplay
Tranquilize
Spaceman
Smile Like You Mean It
A Dustland Fairytale
Sam’s Town
Read My Mind
Mr. Brightside
All These Things That I’ve Done

Bones
The World We Live In
Jenny Was a Friend of Mine
When You Were Young

Credit Foto: Matthew T Rader / CC BY-SA