Gli “…A Toys Orchestra sono un po’ i Piano Magic italiani. Una interpretazione costante di rock spogliato da fronzoli, sempre efficace. Io dentro ci vedo anche i You Say Party We Say Die! ma è questione di personalissimo tatto.
Partiti da un deserto emotivo che è la provincia di Salerno, hanno saputo scavalcare la muraglia culturale e toccare il punto. Arrivare al sodo.

Un ottimo esordio. Poi un seguito ancora migliore. Con il passare dei dischi, invece di perdersi come siamo soliti vedere sulle pelli di altri artisti, loro si ritrovano. Si riconfermano imperterriti. “Midnight Talks” segue l’eloquente decadentismo psichedelico di “Technicolor Dreams”. Il 10 Aprile 2010 il Duel Beat si riempie di anime come mai prima, e dopo una performance sentitissima ed estremamente professionale, io mi introduco nel backstage, dove ho il piacere di colloquiare con il simpaticissimo Andrea Perillo, abilissimo batterista somigliantissimo a un guru indiano, che gentilmente ha risposto a tutte le mie domande.

Che influenze musicali avete?
Diciamo che vado nel banale: Beatles, Led Zeppelin, Rolling Stones, Pink Floyd, ovvero tutta la musica che va dai ’60 ai ’70, oppure parlando dei ’90 sicuramente Nirvana, Pavement.

Quindi decenni passati, ma rielaborati, nella tradizione indie.
Beh, Indie non direi, oggi la parola indie è ambigua.

Infatti a proposito di questo volevo chiedervi se la vostra direzione musicale era alternative e indipendente prima che l’indie appunto fosse un trend.
Guarda, con “Cuckoo Boohoo” la critica ci considerava indie, ma alla fine indie sta per indipendente, quindi non è un genere vero e proprio. Noi ci consideriamo un gruppo rock, pop rock.

Per quanto riguarda “Midnight Talks”, la stesura dei pezzi e le registrazioni, è filato tutto liscio? Avete usato il solito processo compositivo?
Guarda, Enzo aveva una quarantina di bozze, pezzi fatti chitarra e voce, pianoforte e voce, e alla fine abbiamo messo insieme in 6-7 mesi una ventina di pezzi. Poi ne abbiamo scelti 14 e siamo andati in studio a registrare con Francesco Donadello dei Giardini (Di Mirò ndr), che ha fatto il tecnico in studio.

Vi frequentate tra di voi? Siete amici al di fuori della band?
Guarda, ci siamo trasferiti da poco, a settembre, tutti insieme a Bologna, io Raffaele, Ilaria ed Enzo. Io sono il più piccolino e vivo da solo, ma con gli altri mi vedo, usciamo assieme; anche con Beatrice (Antolini ndr), che abbiamo conosciuto lì, ci vediamo e usciamo.

Voi siete della provincia di Salerno. Credete che in Campania, a Napoli, ci sia una scena musicale delineata oppure ancora frammentaria e “a fuochi d’artificio”?
Guarda, la Campania è morta sotto questo punto di vista. Noi siamo andati a Bologna per esigenze soprattutto lavorative. Siamo più centrali, e le dati che facciamo a Milano, a Torino, non ci comportano stress negli spostamenti.

Vi mantenete solo suonando o fate anche altri lavori collaterali?
No. Fortunatamente facciamo solo questo. Quindi diciamo che questo ‘è il nostro lavoro’.

Che ne pensate di stasera? Come è andata? Personalmente non ho mai visto il Duel così pieno.
Stasera è stata la prima data, in Campania, a parte le anteprime di Roma e Milano. Siamo contentissimi e ci siamo divertiti, a parte il terribile caldo sul palco. Il pubblico ha risposto bene, considerando che il disco è uscito da due settimane, già  conoscevano le canzoni nuove, a parte quelle dei dischi vecchi, ormai cavalli di battaglia. E’ andata veramente molto bene.

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