Pop lo è certamente, ma di quel pop/folk mid- convincente che ci però c’è dato da sentire nello stretto giro di questi ultimi tempi bui per la musica in generale; èd è intorno al loro pop che, dopo undici lustri ‘festeggiati con la reunion’ col precedente e già  scricchiolante “Time On Earth”, gli australiani Crowded House capitanati da quel baldo di Neil Finn, si ritrovano e si stringono nel nuovo Intriguer per portare avanti un logos che ““ nonostante gli anta degli anta ““ anche se sempre ricco di trucchi melodiosi e belletti ricanticchiabili in men che si dica, comincia a risentire rimarchevoli fasi di vuoto a rendere e l’ordine costituito di un’ordinarietà  ““ sempre di classe ci mancherebbe ““ che strappa una tirata sudata di sufficienza se non altro d’affezione e stima per ‘lo ieri’ della band.

Certo, un volta erano una tensione dolce che si trovava a mostrare una strada alla guida di un numero alto di suggestioni, citazioni e contrasti sonori, ora quell’altimetria sognante è diventata inesorabilmente terrena e reale, un po’ al limite dell’orlo, ma senza poi strapparcisi i capelli, se si desidera solamente assaporare ““ come un ex-buon bicchiere di rosso che ha preso leggermente di spunto ““ quella punta d’amarognolo papillare e rimasterizzare ricordi e palpebre chiuse su momenti intimi da riciclare, il sentimento di solitudine ““ che è poi il leit motiv del disco ““ vi darà  una forte mano amicale.

Di movimenti intimisti qui dentro c’è ne sono molti, ballate melanconiche che si ammassano come preludio di una giornata uggiosa “Elephants”, “Amsterdam”, “Falling dove”, il preludio di un mini temporale elettrico corale “Inside out”; poi d’un tratto la band riscopre la sua giovinezza guascona “Saturday sun”, qualche spruzzata latineggiante “Either side of the world” arrivando ad un timido tète à  tète col violino di Lisa Germano che nel disastro incomprensibile di “Archer’s Arrows” ““ forse il pezzo che affonda in verticale l’approccio di un ascoltatore neofita ““ fa trasparire tutto il fiatone e la muscolarità  ridotta ai minimi termini di un capitolo musicale al capolinea.

Ripetendomi, la classe generale dei Crowded House rimane intatta, quello che invece va a deteriorarsi clamorosamente è quella poetica principale di Finn che non tocca più le corde emozionali di un tempo, è un lento declino che come cera di moccoli di candele ha esaurito la sua paraffina, distribuendo in giro solo un fumigare acre e nostalgicamente lontano ere geologiche. Peccato anche questo fa parte della vita.

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Intriguer
[ Universal – 2010 ]
Similar Artist: Nits, Robert Post, Mathilde Santing, un tramonto australe

Rating:

1. Saturday Sun
2. Archer’s Arrows
3. Amsterdam
4. Either Side Of The World
5. Fallen Dove
6. Isolation
7. Twice If You’re Lucky
8. Inside Out
9. Even If
10. Elephants