Finalmente a poco più di un anno di distanza dalla data napoletana al Farci Sentire di Scisciano, tornano in Campania i Massimo Volume all’Iroko di Salerno in occasione della presentazione del loro ultimo lavoro in studio, “Cattive Abitudini”.

Vengono introdotti dai Bachi da Pietra che offrono un set intimo, di terra, più blues rispetto ai live precedenti. Succi ci mette vigore, impasta liriche oscure e fangose con note mangiate e vomitate, rubate alle ossessioni più profonde. Bruno Dorella, alla batteria, come di consueto senza la grancassa, picchia violentemente sui tamburi ed è il giusto contraltare, un lancinante tam tam che punteggia i testi e gli accordi pestati sulla chitarra con la mano destra dal suo collega.
Presentano “Quarzo”, un lavoro minimale, ben congegnato, che perde un po’ nella dimensione live lasciando, però, appagati e storditi.

Entrano, invece, poco dopo la mezzanotte i Massimo Volume e cominciano eseguendo, rispettando la scaletta del disco, tutto il nuovo album.
La voce di Emidio Clementi, lievemente penalizzata da un volume non regolato a dovere e surclassata spesso dalla potenza delle chitarre, è scandita e solenne, i nuovi testi sono potenti e i Massimo Volume continuano, senza cadute di stile, il discorso iniziato con “Stanze” e provvisoriamente sospeso con “Club Privè”.
I brani nuovi vengono proposti fedelmente, senza grandi variazioni, e conquistano subito il pubblico sia per la loro bellezza che per l’interpretazione commossa ed evocativa di Emidio Clementi.

Chitarre dirompenti, sferzanti, gestite e addestrate nel migliore dei modi da Egle Sommacal e da Stefano Pilia, il primo più primitivo e crepuscolare, il secondo più colorato e granuloso, entrambi esplosivi e cromatici. A chiudere il cerchio, una ficcante e geometrica Vittoria Burattini alla batteria, dall’incedere marziale e, al tempo stesso, sinuoso.
Ci si perde in mezzo all’universo di parole, suoni, rumori, atmosfere e destini segnati che i Massimo Volume producono nel corso dell’ora e mezza di concerto.

La potenza sonora della band si avverte sin dalle prime note di “Robert Lowell” ma la bravura dei MV sta nel tenere il pubblico sempre teso e sospeso, entrando dritti nelle vene con violenza e accarezzando con mano fredda e leggera i cuori degli astanti.
Un live in continua ascesa, che, in almeno un paio di punti, tocca vertici di bellezza inaudita (“Le nostre ore contate”, “Litio”) e che presenta nella seconda parte un piccolo bignami della storia dei Massimo Volume.

Quindi si procede con “Il primo Dio”, accolta con un boato, “Il Tempo Scorre Lungo I Bordi”, “Fuoco Fatuo” e una sconvolgente “Vedute Dallo Spazio” che chiude un concerto perfetto.
Si torna a casa completamente soddisfatti, con l’udito andato ma con il cuore pieno di grazia.