L’ingegnere Nicola Ranieri ( Pierfrancesco Favino ) è proprietario di una fabbrica torinese che ha imbarcato la via del fallimento. Il prestito bancario e il corpo lavoratore sono entrambi deficitari proprio della parola di cui l’impresario avrebbe invece più bisogno: fiducia. Si unisce poi un problema coniugale a turbare l’atmosfera silente delle langhe torinesi. Laura ( Carolina Crescenti ) è una presenza sempre più sfuggevole agli occhi dell’impresario. Intristita dagli sfoghi rigidi e disperati di un marito che ormai è diventato padrone, inizia a rivolgere le sue attenzioni al di fuori del matrimonio catalogandole artificiosamente dietro una legittima pretesa di felicità . Ma Nicola capisce e si dedica incessantemente alla ricerca d’inconfutabili prove travestendosi da detective al servizio del proprio ego. I fraintendimenti non fanno così altro che aumentare come le lotte etico-finanziarie per ottenere ad ogni costo il famoso prestito “‘salva azienda’. All’improvviso tuttavia un colpo di scena calma le acque: la tempesta sembra aver definitivamente scollinato. Ma è davvero così?

Dopo il dostoevskijiano “I Demoni di San Pietroburgo”, Giuliano Montaldo torna a indagare la complessità  della struttura umana imprimendole una connotazione storica reale e più che mai attuale. Pierfrancesco Favino non è soltanto un ricco libero professionista, ma un vero e proprio industriale( le parole, diceva qualcuno, sono importanti ). Su questa pesante accezione Montaldo vuole creare quel filo d’Arianna che servirà  poi per esprimere la morale finale. La sceneggiatura fa trasparire a tal modo un’invettiva rivolta contro la maestosa figura che intitola il film, e la scelta di un filtro color seppia non fa altro che accentuare questo intento destrutturante. L’invincibile realismo terreno della legge del più forte, viene fatto cedere recuperando la fragilità  della psicologia umana e dirigendo la macchina da presa con crescente cocciutaggine sul volto barbuto di Favino. Il vero punto di merito è la scenografia. Una Torino grigia, monotona e semideserta, auto incarna perfettamente l’ideal-tipo negativo della crisi delle famose PMI italiane.

Ma se l’arte cinematografica non sconvolge la realtà  nella copia dello sfondo, ne ricalca a malo modo i suoi personaggi protagonisti. Carolina Crescentini è così tanto affezionata a quel volto fanciullesco e disinibito di “Notte prima degli esami ““ Oggi” che non è ancora riuscita a liberarsene. Il difetto di Favino può essere invece risolto in un semplice concetto critico: la favinizzazzione di ogni suo personaggio. La sua immensa maschera ruba la scena con un intento totalizzante che risulta, a volte, un po’ fastidioso.

La pellicola esprime comunque una buona performance se paragonata all’interno del mondo cinematografico del bel paese, guadagnandosi un posto nella categoria: “‘Da vedere se si ha tempo’.