Quella dei The History Of Apple Pie è la storia di un’ascesa veloce, di quelle possibili solo nel mondo del passaparola digitale. Se n’è parlato tanto di questi cinque ragazzi londinesi (Stephanie Min, Jerome Watson, James Thomas, Aslam Ghauri e Kelly Lee Owens) entrati nelle grazie di Graham Coxon, che hanno accompagnato in tour. E così dopo aver pubblicato alcuni singoli di buon successo arrivano alla prova del nove del disco d’esordio, con cui cercano di farsi spazio nel già  affollatissimo universo indie inglese.

“Out Of View”: un album furbo. Vuol piacere, sa di piacere e non lo nasconde. Accoppia senza starci troppo a pensare, con innocenza infantile e noncurante malizia da Lolita, distorsioni noise e ritmi che rischiano di fondere il pedale (fatto in casa) dell’effetto fuzz a momenti più posati, tra lo shoegaze e il dream pop. E se in “Mallory” e “Glitch” capita di sentire un certo sound anni novanta non c’è da stupirsi, perchè quello è il periodo a cui i The History Of Apple Pie si rifanno chiaramente. Un’eredità  che rivendicano e ripropongono a modo loro: allegro, sbarazzino, giocoso, un filo stucchevole, un po’ incosciente. Prendendo abbondantemente spunto dai My Bloody Valentine (ma gli originali sono un’altra cosa) e dall’esperienza di contemporanei più fortunati e affermati come The Pains Of Being Pure At Heart, Yuck e Whirr (citati ampiamente in quella “Before You Reach The End” dove compare anche Mr. Joshua Third dei The Horrors alla chitarra). Senza ovviamente farsi mancare quel pizzico di spensieratezza on the beach che tanto va di moda e fa molto Best Coast in “You’re So Cool”, pienamente consapevoli che le assolate spiagge della California sono lontane ma anche che per arrivarci da qualche parte bisogna pur cominciare.

Detto questo, premesse archiviate, immergersi in “Out Of View” è un gioco prevedibile e senza pericoli ma stranamente piacevole, in fondo piuttosto divertente. Dieci tracce godibili che convincono abbastanza da ottenere una sufficienza piena, che scorrono via veloci e somigliano al disordine ormonale, alla confusione pazza e disperata che caratterizza la cameretta di tween e teenagers vecchi e nuovi e di chi all’età  adulta non è mai arrivato. Canzoni che fanno tornare ragazzini e stimolano la voglia di dolci, lecca lecca, caramelle gommose e bubble gum (sarà  colpa del mega-gelato protagonista del video di “You’re So Cool”?). Un lavoro da prendere con leggerezza, senza aspettarsi miracoli ma godendosi il viaggio.