La sua è una continua lotta tra oscurità  e luce, la sua vita passata è stata uno sfacelo, e nella musica ha trovato il riscatto negli Anni Novanta diventandone pioniere e re incontrastato col suo magnetico trip-hop che era balance tra i Massive Attack e i Portishead, poi il distacco e gli innumerevoli projects solisti o con altre modulazioni, ma sempre e comunque nei borderline delle notti buie sfondate, del colore nero della profondità  per antonomasia, si considera un eroe sopravvissuto a droghe e eccessi, ma continua a sfornare dischi memorabili, piaccia o non piaccia, memorabili.

Il folletto dandy Tricky torna sui passi sonici di sempre con il nuovissimo “False Idols”, disco di distacco dalle espressioni progressive e sperimentali che lo avevano portato a derive, inciampi e sbucciate di tono e che ne avevano annebbiato leggermente la personalità , e torna tra le braccia maledette del suo Bristol Sound che tanto a dato e che ha espresso le volontà  e le bizzarrie di chi nella notte cerca amore, conforto e perdizione; regno di samplers. beat, echi, nicotina blu e fraseggi campionati di Chet Baker, rallenty e un cleaner immacolato impressionante, e con lui la voce divina di Francesca Belmonte a piegare gli ascolti e portare il tocco tricolore nell’amalgama totale “Nothing’s changed”, “Bonnie & Clyde”, “Does it”.

Il divertente contrasto tra il suo estro spettacolare e l’esemplare scolasticità  erudita, porta Tricky a scaldare leggermente territori cosparsi di folktronica o altri prettamente funky, ma poi “Tribal drums” e “I’m ready” ci riportano nelle delicate e forti sporcature che hanno ““ fino a prova contraria ““ il meraviglioso senso dell’invenzione. Si, si riporta indietro e non guarda più l’avanti questo angelo maledetto, ma il suo è un legame profondo, preferisce suonare la notte del suo mondo primario per rendergli allo stesso tempo il giusto tributo come fosse una nuova vita, una divina pena da (ri)scontare.
E se questa è una maledizione, che sia la benvenuta.

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