I Band Of Horses sono la dimostrazione di quanto sia variegato il mondo del rock, si potrebbe forse ipotizzare che uno dei più affermati gruppi di folk-rock della scena mondiale nasca proprio in quella Seattle capitale incontrastata del grunge? In effetti si sono poi trasferiti nella geograficamente più accogliente, sia dal punto di visto meteorologico che affine al loro folk-rock, South Carolina. Un album d’esordio nel 2006, “Everything all the time”, che con il singolo “The Funeral”, li ha subito proiettati nel successo mainstream. Una carriera ad oggi costellata, dopo l’iniziale EP, da quattro studio albums e 8 singoli, da partecipazioni a colonne sonore di “Fringe”, “FlashForward”, “Numb3rs”, “Criminal Minds”, “One Tree Hill”, “Kyle XY”, “Chuck”, “Gossip Girl”, “How I Met Your Mother”, “The O.C.” e “90210” e l’immancabile cameo musicale in “Twilight Saga Eclipse”. E’ adesso, nel pieno della maturità , che il gruppo decide di far uscire questo set acustico, “Acoustic At The Ryman”, registrato in due serate presso lo storico e mitico teatro di Nashville, con una strumentazione interamente in assetto acustico, con violoncello, chitarre, pianoforte e percussioni. Il teatro Ryman fu costruito nel 1892 sulla Fifth Avenue, la “chiesa madre della musica” come veniva apostrofato, fu lasciato in stato di abbandono per decenni, fino a che gli sforzi di molti artisti locali, in primis la grande Emmylou Harris, lo hanno riportato in auge, ed il suo legno è il nido ideale per una session acustica come questa.

Si inizia con “Marry Song” da “Cease To Begin” del 2007, una serie di note pizzicate sulle corde implementate su un tappeto di tasti che accompagnano bene la cantilenante voce di Bridwell. Saltiamo a “Mirage Rock” con “Slow Cruel Hand Of Time”, echi dei primordi album di Neil Young sono evidenti nelle tonalità  acustiche di questo brano, versione minimalista che si fonda sulla voce del cantante. Seguiamo con la hit “Detlef Schrempf”, brano che ha invaso le charts di mezzo mondo a suo tempo e, probabilmente, un caso unico in un cui un giocatore di basket tedesco ha dato il titolo ad una canzone d’amore a stelle e strisce. Delicati arpeggi di chitarra introducono “Everything’s gonna be undone”, siamo nelle praterie corali di CSN per capirci, dolcezza e malinconia si intrecciano in un laconico canto attorno al fuoco del bivacco. “No one’s gonna love yo”u ci ricorda il perchè della moltitudine di dischi venduti dalla band, una hit che ha scalato tutte le classifiche, qui in una versione praticamente priva di accompagnamento musicale e che vive sulle note vocali. Di successo in successo la sesta traccia si regala “Factory”, indimenticabile ballad da “Infinite Arms”, testo toccante ed emozionante, tastiere e piano a disegnare il cielo in cui scorre la voce. Older si inserisce anche lei nel filone CSN&Y, scorre tranquillamente deliziando un pubblico festoso, ci accompagna in una versione di “Wicked Girl” che, in questa rivisitazione, è forse una delle cose migliori di questo live. Bridwell sembra prenderci gusto e dà  il meglio di sè, toni scuri ed infiniti fanno galleggiare il brano in un’atmosfera magica e sognante. Il cielo è scuro e crudo come il testo della canzone, un momento particolarmente alto della compilation. Poteva forse mancare “The Funeral”? Il loro primo grande successo qui è una spianata di tasti su cui si lancia il singer diventandone il protagonista indiscusso. Per chiudere abbiamo una Neighbor che è un coro del gruppo, un inno di chiusura che è anche la sintesi del sound di questo album.

I dieci pezzi presentati sono estratti da tutti i dischi della band, alternando brani di grande impatto strumentale, ad altri momenti cantati, le armonie vocali fanno la parte del leone. La batteria è praticamente assente sostituita da raffinati strumenti a corda come il violoncello, questo porta ad un appiattimento dell’impatto. Giudicare un album di questo tipo non è facile, è sicuramente pronto per piacere ai fans più fedeli della band e agli amanti del genere acustico minimale, ma è anche vero che nel complesso manca di un minimo di potenza che dia corpo e sostanza alla trama. Un prodotto che è piacevole nella forma, ma che stenta a decollare restando confinato in un limbo piacevole, ma poco esaltante. Nel complesso, in molte parti, tende a sconfinare nella noia ed in una sorta di autocompiacimento da parte degli esecutori, forse voglia di stupire o piuttosto un momento di stanchezza hanno fatto sì che quello che poteva essere una piacevole escursione su lidi raffinati, finisca per essere un’oretta di piacevole ascolto senza riuscire quasi mai a mordere l’ascoltatore imparziale.

Credit Foto: Christopher Wilson