L’esordio dei dublinesi Girl Band è stato un campanello d’allarme che avvertiva dei grossi cambiamenti in corso nella scena musicale irlandese già  cinque anni fa. Un urlo disperato e furioso chiamato “Holding Hands with Jamie”, capace di raccontare l’Irlanda contemporanea senza nascondere i lati più brutali e facendo spesso ricorso allo slang nei testi. Sembrava tutta in discesa la strada dei Girl Band: un contratto con Rough Trade già  in tasca, concerti solidi e ben frequentati, molte idee per un secondo album da registrare in fretta.

I problemi di salute del magnetico e tormentato frontman Dara Kiely (che non ha mai nascosto di soffrire d’ansia e di devastanti attacchi di panico) hanno invece costretto i Girl Band a una lunga pausa forzata. Il successore di quel fortunato esordio arriva solo oggi ma il nome dei Girl Band ha continuato a circolare, spinto da band come IDLES e Fontaines DC che li citano e ricordano spesso.

“The Talkies” è stato prodotto dal bassista Daniel Fox e registrato a Ballintubbert House, dimora di campagna di epoca georgiana che nelle mani dei Girl Band diventa la perfetta casa stregata. Storie di fantasmi e paranoie, ritmi allucinati cavalcati da un Dara Kiely che urla, si contorce, vibra come un filo elettrico troppo carico sull’orlo del collasso. Punk e post punk nervoso, cupo, claustrofobico, minimale, disarmonico con echi industrial.

Un sound più pulito di cinque anni fa ma l’impatto di brani come “Shoulderblades”, “Laggard” e “Prefab Castle” o dei quattro tesissimi minuti di “Going Norway” guidati dalla chitarra di Alan Duggan e dalla batteria di Adam Faulkner è innegabile. Kiely gioca con le parole denunciando la sua “Aibophobia” (paura dei palindromi) lasciandosi trasportare dal rumore ritmato che gli viene costruito intorno, respirando a fatica e trascinando l’ascoltatore in un viaggio tra curve pericolose e taglienti, rumori di fondo e adrenalina.

Se non ci fossero stati i Girl Band nel 2015 a dimostrare coi fatti che era ancora possibile per una band irlandese avere successo e girare il mondo forse le cose sarebbero andate diversamente per molti. Rappresentano il lato più oscuro e rumoroso della musica Irish.

Credit foto: Steve Gullick