#10) ALT-J
This Is All Yours

[Atlantic/Infectious]

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Dopo l’impatto di “An Awesome Wave”, al secondo album degli Alt-J si chiedeva la luna. Loro invece ci hanno dato le cascate tropicali i venti monsonici i ciliegi giapponesi le sequoie secolari: a qualcuno non è bastato. Io non sono fra questi e “This Is All Yours” entra ai confini di questa classifica.

Parola chiave: matericità .

#9) EX-HEX
Rips

[Merge]

Secondo studi recenti, l’adolescenza (musicale e non) è uno stato mentale, mica una fase della vita. Mary Timony&co. fanno musica da vent’anni ma il momento giusto arriva un po’ quando meno te lo aspetti. è così che “Rips” ha il sapore degli album schietti e senza pretese e io dico: alza, alza, questa è bella! Un giro di chitarra giusto è quanto basta. In definitiva, i quaranta sono i nuovi venti, e poi chi lo dice che non abbiamo più l’età  per giocare con le Barbie?

Parola chiave: c-c-c-herry bomb.

#8) ANGEL OLSEN
Burn Your Fire For No Witness

[Jagjaguwar]
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Chi crede che un album cantautoriale-confessionale-femminile possa solo essere passivamente lagnoso non ha ascoltato il secondo full-lenght di Angel Olsen. Sei da solo anche tu? DAMMI IL CINQUE! LO SONO ANCH’IO. Ci dice: si possono far scoppiare i fuochi d’artificio anche senza testimoni, e se tu non ci sei più, beh, è lo stesso.

Parola chiave: auto-ironia (if you’ve got a sense of humor you’re not so bad)..

#7) SBTRKT
Wonder Where We Land
[Young Turks]

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In effetti ci chiediamo dove siamo atterrati. Marte chiama Pianeta Terra? Il producer britannico Sbtrkt (“Subtract”, per chi come me inciampa nelle consonanti) se n’è uscito con ventuno tracce varie ed eventuali, una folla di voci-ospiti da destra a manca ““ per dire: Jessie Ware, Warpaint, A$AP Mob ““ e poi ci ha guardato a mo’ di sfida: provate a rinchiudermi in una definizione. Noi non ci siamo riusciti.

Parola chiave: polimorfismo.

#6) CLOUD NOTHINGS
Here And Nowhere Else

[Carpack Records/Mom + Pop]
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Quest’estate li ho messi in una playlist sotto l’indicazione (NOT) TO CRACK UP, per non crollare a pezzi. E l’ho ascoltata in continuazione. Per un po’ ha funzionato, e forse in parte è stato merito loro. Se per caso cadesse il mondo, io mi sposto un più là ; in chiave punk.

Parola chiave: (quanto è stancante essere) forever young.

#5) JAMIE T
Carry On The Grudge

[Virgin]

Di Jamie T non conosco nè passato nè futuro, ho ascoltato il suo ultimo “Carry On The Grudge” in ritardo e ho sentito l’urgenza di inserirlo in questa classifica. Ci sono i Blur impensieriti, l’indie-rock britannico di migliore tradizione e qualcosa in più. Scusate, ne riparliamo.

Parola chiave: to be continued.

#4) ST. VINCENT
St. Vincent

[Loma Vista/Republic]
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Se esiste qualcosa come la musica intellettuale dopo il progressive rock, dev’essere quello che fa Annie Clark ai giorni nostri. Otto brani imprevedibili e immaginifici per la sua “Birth in Reverse”, che mi piace ancora una volta chiamare “resurrezione a testa in giù”. Sì, perchè St.Vincent non ama certo le direzioni prestabilite, nemmeno per ascendere ai cieli.

Parola chiave: distopia (presente).

#3) SHARON VAN ETTEN
Are We There

[Jagjaguwar]

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Ricordo il primo ascolto di “Afraid of Nothing” e un certo senso di sprofondamento, come perdersi qualche battito di cuore; poteva trattarsi di un album glorioso o di disturbi cardiovascolari. Sharon Van Etten è ancora un problema nel 2014, io non so se esserle grata o meno e “Are We There” è bellissimo nel modo banale delle cose di cui non riesci a parlare senza usare superlativi infantili.

Parola chiave: viscere.

#2) CYMBALS EAT GUITARS
Lose

[Barsuk]

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Nel terzo album dei “Cymbals Eat Guitars”, il frontman Joseph d’Agostino apre a un autobiografismo intenso e maturo e ne viene fuori una storia (personale, universale) di crescita in cui giganteggia la parola PERDITA: perdita di un amico di infanzia, perdita di quei giorni in cui si girava a vuoto per le strade del New Jersey o per i negozi di vinili, più banalmente, perdita dell’innocenza. Con le chitarre ruvide dei Sonic Youth, l’imprinting dei Weezer e il song-writing dei Modest Mouse non potevano che essere quassù, nell’Olimpo musicale 2014.

Parola chiave: spaesamento.

#1) SUN KIL MOON
Benji

[Caldo Verde]

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Su “Benji” di Mark Kozelek, in arte Sun Kil Moon, ci siamo sbagliati tutti e continuiamo a metterlo in cima alle classifiche degli album musicali migliori del 2014. Spostiamoci nelle classifiche della migliore letteratura dell’anno o sugli scaffali fra Lee Masters, Allen Ginsberg e Kerouac e saremo più vicini alla realtà .

Tutta la vita in musica: mamma, papà , lo zio Ben, Carissa, la morte, l’amore, il sesso, e quella volta che ho visto il film The Song Remains The Same quando ero solo un bambino, un bambino malinconico, che ora ce lo racconta; e che è diventato un grande musicista.

Parola chiave: fuori categoria.