I Vetiver uguale Andy Cabic  e il suo principale collaboratore nonchè producer inseparabile Thom Mohanan proseguono un viaggio iniziato nel 2009 con “Tight Knit”. Da quel disco, il terzo della band, il sound iniziava a scostarsi da quel folk che ci aveva così tanto conquistati, portiere da una parte pallone dall’altra. Un folk un pò freak un pò pop ma con forti incursioni psichedeliche che con l’ausilio delle chitarre e la voce  di Devendra Banhart (all’inizio sembrava un side project) insieme e soprattutto con la voce a modo, raccolta, seventies, una voce che ti accoglieva con garbo quella di Cabic, ti permetteva di ascoltare in un modo diverso il folk, una matrice che si potrebbe definire più contemporanea.

Riconfermarsi sulla scia dei primi due dischi, che ancor’oggi rappresentano la summa dell’artista adottato dalla California, era impresa ardua ma che forse nemmeno interessava. Quindi più che legittimo lo spostamento sonoro e  in “Complete Strangers” uscito dalla personale etichetta dell’autore, la Easy Sound Records, il tentativo di emigrare verso nuovi orizzonti sonori sfocia in un rimescolare il pop d’autore che spesso sono solito attribuire ai Clientele. Durante le dieci tracce dell’album incontri echi di Byrds, George Harrison, Jack Johnson, America.  Lo stesso Cabic in alcuni interventi fatti per presentare il nuovo lavoro studio ha parlato di un cercarsi, come un estraneo che prova a riconoscere se stesso dopo i cambiamenti del tempo, delle cose, delle persone. Cabic ancora, con una tanta nostalgia, ci racconta dei cambiamenti sociali e culturali che stanno consumando lentamente una delle maggiori fucine di talenti, bands, scene musicali, quella meravigliosa San Francisco e la sua universale forza magnetica che attirava a sè molti esponenti delle avanguardie musicali.

“Complete Strangers” pur non riuscendoci a pieno ci racconta un pò il senso di smarrimento che si sta vivendo da quelle parti. Lo fa in maniera confusa a volte perdendosi in melodie deboli con arrangiamenti volutamente pop. La nostalgia tropicalista di “Times Flies By” è forse il manifesto di un momento in cui ti fermi a pensare a cosa sei stato e a cosa succedeva a San Francisco negli anni 60-70 e le enormi influenze e conseguenze che ha lasciato negli anni a venire. Molto del disco suona rilassato ma malinconico, apparentemente tranquillo ma allo stesso tempo nostalgico.

“Complete Strangers” è un buon amico che non vedi spesso ma con il quale piacevolmente ti ritrovi a parlare del tempo che passa, di quel che è stato il passato, di emozioni che non tornano, di ricordi che non vogliono mollarti ma che pian piano si allontanano sempre di più “Edgar”. E mentre discuti con lui di come il tempo ci sconvolge ogni giorno con in  sottofondo la chitarra folk di “Last Hurrah”, uno dei pezzi più belli del disco, ci lascia con un tramonto di quelli che ti riempiono l’anima per proseguire il viaggio che stai facendo da un bel pò.

Credit Photo: Bandcamp