Il prossimo viaggio nel tempo durerà  solo 23 minuti ed è gentilmente offerto dai Big Cream. Classe 1993, Bologna, questi ragazzi hanno voglia di suonare gli anni in cui sono cresciuti: chitarre, fuzz, e se questo disco fosse un hashtag sarebbe #justgimmeindierock.

Un paio di anni fa è uscita un’antologia di racconti che si chiamava Non ti divertire troppo per i ragazzi della Flying Kid Record: in copertina c’era un disegno di Zerocalcare di un concerto dei Fugazi e all’interno raccoglieva le testimonianze di chi si è formato musicalmente in quell’epoca minore e bellissima degli anni ’80 e ’90, dove le tinte erano lo-fi e una band poteva essere davvero la tua vita. Un tributo ad alcuni anni decisivi e sgangherati da parte di quelli che erano e sono ancora ragazzi, perchè non si esce vivi dagli anni Ottanta e non si diventa adulti dopo gli anni Novanta; c’erano i Replacements e i Dinosaur Jr e pile di custodie di dischi comprati con i risparmi della settimana.

L’attitudine slacker e alternative (stavolta lo possiamo dire con la pienezza del termine) che ha formato la generazione appena precedente ai Big Cream deve essere arrivata anche a loro in qualche modo (un fratello, un amico, un film giusto, internet: crocettare una o più opzioni) e, insomma, decidere di pubblicare una cassettina con sei tracce potrebbe sembrare un gesto estetico, se non fosse che i Big Cream suonano davvero come una band degli anni Novanta americani. Suonano come un pugno di ragazzi che passano tutti i pomeriggi in un negozio di dischi, collezionando spillette e maglie delle band, qualche copia pirata fatta arrivare da fuori: e non sono niente di diverso, solo il negozio è diventato grande e dispersivo come la superficie terrestre e non hanno dovuto aspettare che qualcuno gli passasse i dischi giusti; se li sono presi, come si prendono questi 23 minuti di musica e forse anche il cuore di qualcuno di voi. Dai Built to Spill ai Dinosaur Jr, questi sono i Big Cream.