Ci sono gruppi che non riescono a dire nulla di speciale nemmeno attraverso centinaia di brani contenuti in decine di dischi, altresì ci sono invece bands che, al contrario, con un solo album trovano la perfetta quadratura del cerchio al primo colpo, permettendosi addirittura di non ripetere volontariamente l’impresa.

Quante volte con i nostri amici abbiamo parlato di album incredibili, seguiti però da prove spesso incolori, di quelle talmente nefaste da riuscire addirittura a buttare un’ombra sinistra sugli illustri predecessori? Dicendo questo penso a quanto sarebbe stato bello se “Is this it?” e “Canzoni da spiaggia deturpata” fossero rimasti episodi unici all’interno di discografie per nulla all’altezza di questi titoli, però, al contempo, non riesco a non domandarmi come sarebbero stati i secondogeniti delle Organ (che gran disco “Grab that gun”!) e dei protagonisti della nostra storia di oggi, i Postal Service.

La vicenda ormai è nota a tutti: il producer Jimmy Tamborello (aka Dntel) chiede a Ben Gibbard dei Death Cab for Cutie di prestare la voce ad un brano del suo nuovo lavoro, i ragazzi presto ci prendono gusto e decidono di ampliare il discorso. Accade così che tra i due inizia un fitto scambio di email, attraverso le quali Tamborello invia le basi a Gibbard, il cui compito sarà  successivamente quello di aggiungere testi, chitarre e ugola.
Il risultato? Un lavoro che nel lontano duemilatre risultava talmente avanti da essere oggi, quindici anni dopo, assolutamente in linea con i tempi, celebrando la perfetta commistione tra musica elettronica e indie pop, un po’ come accadde appena un anno prima con “Neon Golden” dei tedeschi Notwist.

Sono bastati solo dieci brani a Gibbard&Tamborello per delineare in modo definitivo le linee guida di quel movimento denominato indietronica, riuscendo a racchiudere in pezzi come “The district sleep alone tonight”, “Such great heights” e “We will become silhouettes” tutta la malinconia e il romanticismo della generazione degli anni zero, tutto questo tramite un saliscendi emozionale che si dipana attraverso tutta la durata di questi dieci classici moderni, ancora oggi insuperati in quanto a freschezza e delicatezza.

Se il gelo sintetico di “Kid A” chiudeva gli anni novanta ammantando di inquietudine il futuro, “Give up” ci restituisce un’elettronica umana, calda e avvolgente, completamente al servizio dei sentimenti umani, mettendoli al centro di un crescendo emotivo che culmina con quel “Natural Anthem” che già  dal titolo pare volersi porre in netta contrapposizione con quella “National Anthem” pubblicata dalla band di Oxford solo tre anni prima.

Nel duemilatredici i Postal Service hanno festeggiato il decennale della loro prima ed unica opera con un tour che, come potrete facilmente immaginare, andò completamente sold out, a corollario di questo evento “Give Up” venne ristampato; all’album sapientemente rimasterizzato si aggiunge un corposo secondo cd che vede oltre che remix, covers, b-sides e outtakes due splendide reinterpretazioni di “We will become silhouette” e “Such great heights”, rispettivamente ad opera di Shins e Iron & Wine.

Se non avete questo album strepitoso nella vostra collezione di dischi è giunto il tempo di colmare questo vuoto, ne guadagnerete un album senza tempo, che anche tra altri quindici anni saprà  donare tepore e ristoro ai vostri cuori infranti.

Data di pubblicazione: 19 febbraio 2003
Tracce: 11
Lunghezza: 44:59
Etichetta: Sub Pop
Produttori: The Postal Service

1. The District Sleeps Alone Tonight
2. Such Great Heights
3. Sleeping In
4. Nothing Better
5. Recycled Air
6. Clark Gable
7. We Will Become Silhouettes
8. This Place Is a Prison
9. Brand New Colony
10. Natural Anthem