Nel 2006, quando gli Ash e Charlotte Hatherley decisero in maniera amichevole di imboccare strade separate, a guadagnarci furono entrambe le parti: i primi, che desideravano tornare a una più congeniale dimensione di trio, come ai gloriosi tempi di “1977”; la seconda, che invece scalpitava per dedicarsi anima e corpo a una bella carriera solista iniziata appena due anni prima con il delizioso “Grey Will Fade”. Trainato dal singolo “Bastardo” e dall’esilarante video diretto da Edgar Wright, l’album conteneva dieci tracce di ottimo power pop di matrice brit con le quali la chitarrista londinese dimostrò senza troppe difficoltà  di non avere davvero nulla da invidiare al collega Tim Wheeler.

Ancora meglio fece nel 2007 quel “The Deep Blue” che, complice la guida illuminata di personaggi del calibro di Andy Partridge e Rob Ellis, arrivò addirittura a conquistare un certo David Bowie. Il prestigioso endorsement del Duca Bianco ““ che paragonò il singolo “Behave” ad alcune delle migliori stramberie pop partorite dalla mente del giovane Brian Eno – non fu però abbastanza per dare la spinta decisiva alla sfortunata Charlotte. Nel 2009, nonostante la buona accoglienza da parte della critica, non furono in molti ad accorgersi di “New Worlds”; da qui probabilmente la scelta di lasciare i progetti personali in pausa, limitandosi al ruolo di turnista al fianco di KT Tunstall, Bat For Lashes e Birdy.

Dopo quasi un decennio di non assordante silenzio (nel 2012 si era fatta brevemente risentire con il progetto elettronico Sylver Tongue) eccola finalmente tornare al full-length con questo nuovo “True Love”, in buona parte finanziato dai fan tramite la piattaforma di crowdfunding PledgeMusic. Chissà  quanti di loro saranno rimasti spiazzati ascoltandolo la prima volta: della vecchia Charlotte Hatherley qui infatti non c’è praticamente più nulla.

Degli album precedenti restano i richiami alla new wave e al post-punk, mentre quanto appreso al fianco degli Ash è stato totalmente accantonato. Nessuno quindi si aspetti le chitarre distorte e i ritornelli super-catchy del passato: “True Love” si muove in tutt’altra direzione, ovvero verso eleganti atmosfere sintetiche che sembrano uscire dalla colonna sonora di un classico film di fantascienza. Le pulsazioni analogiche di “Lonely Waltz” e della title track arrivano da mondi lontani e inesplorati, dove vivono in totale solitudine il Vangelis di “Blade Runner” e il Bowie di “Low”. La stessa malinconia cosmica attraversa i dolcissimi sussurri di “A Sign”, “Forgive” e “You Said Goodbye”, le cui sognanti melodie fanno venire in mente i migliori M83.

Ben più terreni invece i ritmi di “Night Vision”, “Accident Of Love” e “L.A. Stormy”, concepiti con il preciso scopo di farci ballare; anche qui, tuttavia, la (ex?) chitarrista rischia poco e si affida alla lezione di conclamati maestri del settore, pescando a piene mani sia dai soliti anni ottanta (Visage, Human League, persino qualcosa dell’italo disco), sia da epoche a noi più vicine (Kavinsky, Robyn).

Come si capisce le influenze e i prestiti di “True Love” sono quasi sempre abbastanza palesi, ma per fortuna il lavoro pullula di idee interessanti e ben eseguite. Poco ma sicuro: questa nuova Charlotte Hatherley convertita alla musica elettronica sa ancora scrivere grandi canzoni.