In quella seconda generazione del guitar pop-rock di matrice albionica, più volte richiamata, al fianco dei vari Arctic Monkeys, The Fratellis, The Kooks e compagnia bella, il loro spazio se l’erano presi anche i Razorlight di Johnny Borrell e il suo moderato istrionismo (“sono il miglior cantautore della mia generazione” diceva il Nostro in tempi non sospetti): alcune cose fatte bene e dai buoni ritorni sia commerciali che di critica in special modo per i primi due album (“Up All Night” e “Razorlight”) e poi  un  terzo (“Slipway Fires”) datato 2008 che ha aperto un periodo un periodo di qualcosa come dieci anni di assenza dalle scene; giocoforza, un periodo così lungo di silenzio, al netto di qualcosa a firma solista,  impone di approcciarsi  a questa nuova uscita con un orecchio giustamente curioso.

Premettiamo: di passaggi memorabili, non ce ne sono; troviamo, al netto di  brani già  precedentemente resi pubblici (“Olympus Sleeping”, “Sorry?”, “Japanrock” o ancora “Got To Let The Good Times Back Into Your Life” – il titolo è un’opera di automotivazione?- e il suo filato surfy),  pezzi come “Brighton Pier” con la sua linea di basso pomposissima che strizza l’occhio al pop più patinato, “Misdrummer Girl” e le sue venature ska, “No Answers”    con la sua ricerca di una qualche sorta di profondità .

Va detto, comunque,  che “Olympus Sleeping” è divertente e fila bene, anche troppo, nella sua semplicità  strutturale, è solare e ha quel gusto power pop  che ci fa dimenticare, tra varie schitarrate spensierate e ricercatamente garage, come sia passato oltre un decennio da pezzi come “Golden Touch” e “In The Morning”: anche perchè se ci dovessimo fermare a questo aspetto squisitamente cronologico, non potremmo  di converso non notare come anche la vena cantautorale del quasi quarantenne Borrell sia, nei contenuti, quella di quando di anni non ne aveva nemmeno  trenta.

Ma noi,  umili romantici e inguaribili nostalgici, come potevano non dare la debita attenzione al ritorno dell’autoproclamatisi miglior cantautore della propria generazione?