Era il 1 Aprile 2011 quando l’etichetta torinese INRI faceva il suo debutto pubblicando “Nostalgina”, il primo LP di Bianco, allora poco conosciuto cantautore della stessa città .
Passano otto anni esatti, altri tre album in studio, svariati lavori da produttore e un tour come musicista per Niccolò Fabi e, per celebrare, Bianco pubblica il suo primo disco live, registrato dai concerti di Saluzzo e Rivoli.

I lavori dal vivo quasi sempre non aggiungono nulla alla discografia di un’artista, ma il discorso in questo caso non vale totalmente grazie a una diversa chiave di lettura usata per interpretare soprattutto le canzoni più recenti.

“Comete”, l’unico inedito, apre il disco. Si tratta di una ballata ben riuscita che stabilisce da subito quali saranno gli ingredienti protagonisti di tutto il lavoro: la voce e la chitarra di Bianco e gli imponenti fiati di Stefano Colosimo.

Si passa quindi ai brani live già  conosciuti. Purtroppo i primi due album non sono quasi per nulla rappresentati: “Storia del Futuro” è completamente tagliato fuori mentre l’unica traccia suonata da “Nostalgina” è “Mela”, un inno (alternativo) generazionale, la canzone maggiormente rappresentativa della prima parte di carriera del cantautore che infatti decide di lasciare che il pubblico la canti a squarciagola senza mai intervenire. Una scelta che funziona per chi la vive nel momento, un po’ meno per un disco live.

La sorpresa arriva dalle canzoni dell’ultimo album “Qu4ttro”. Il set acustico permette di ascoltare da un nuovo punto di vista tracce che avevano sofferto della produzione troppo pesante di quel lavoro.
Il perfetto esempio è “Filastrocca sui Tetti di Ortigia” qui in mashup dopo “Volume”. La chitarra, i fiati e l’interpretazione di Bianco fanno risaltare un testo commovente con quel “Mi assomiglia un po’” che sembra un macigno. La versione edita non aveva minimamente lo stesso spessore emotivo per colpa di una produzione pop standard e banale.
“Organo Amante” continua la stessa traiettoria. è il classico momento più alternativo e sperimentale dei dischi del cantautore, come “Scoria” e “Drago” in lavori passati.
“Felice”, un inno generazionale aggiornato, chiude il capitolo meglio live che su disco con un assolo strumentale finale degno di nota.

Completano l’opera “Filo d’Erba” e “Le Stelle di Giorno” che sul finale diventa “Can’t Help Falling in Love” nella versione di Israel Kamakawiwo’ole.

Bianco è un cantautore sincero che scrive canzoni a cui è impossibile non relazionarsi e questo disco live ne è la dimostrazione. Quando l’emozione è organica non serve altro e il minimalismo di un concerto acustico calza a pennello come scenario perfetto.