Dopo la grande stagione degli anni ’90, che ricordo, per i meno attenti , fu anche contraddistinta da un’ondata di rinnovamento tra “Americana”, “Alternative Country” e un pugno di piccolo grandi storyteller, il reflusso avuto negli anni duemila si è fatto sentire.
Ma almeno due nomi, se pur con le loro diversità , mi colpirono fin da subito e mi fecero ben sperare nel continuare a perpetuare la passione per un certo cantautorato americano.
Prima con i Whiskeytown poi in veste solista, il primo nome è Ryan Adams, a seguire Jesse Malin, che torna a noi con questo “Sunset Kids”.
Per entrambi amore audiofilo fin dagli albori delle loro carriere, che ho seguito assiduamente fino ad oggi.

Ecco dunque che a fine agosto, un po’ in sordina, ma come avviene purtroppo ormai per molte uscite, il nuovo album di Jesse, che giunge a circa un anno dalla sua ultima apparizione live qui in Italia. Malin è un artista che ho avuto la fortuna di cogliere dal vivo più di una volta, l’ultima delle quali nella cornice della mia Verona, in un appassionato ed appassionante live in acustico in un Cohen Music Pub stracolmo di presenze ed entusiasmo.
La sua produzione, tralasciando la sempre citata esperienza nei punk rockers D-Generation, ci ha regalato un trittico iniziale , dal 2003 al 2007, che per gli amanti del rock americano più classico in commistione con un pizzico dell’indie più urbano, rimane una raccolta di piccoli grandi classici (mi riferisco a “the Fine Art of Self destruction”, “The Heat” e “Glitter in the Gutter” ).
A seguire diversi album tutti di buona fattura ma che hanno dato l’impressione di una promessa mancata, relegandolo nella comunque nobile schiera dei piccoli eroi di provincia, di cui il rock odierno avrebbe molto bisogno, restituendo a quest’ultimo un minimo di urgenza e genuinità .

Il nuovo “Sunset Kids” si inserisce pertanto sulla scia dei suoi ultimi lavori, nessuno insufficiente ma nessuno in grado di rilanciare davvero una carriera che pare adagiata sul solco di un’intensa attività  live accompagnata da buoni album editi con regolarità .
Jesse Malin rimane in ogni caso un nome che gli aficionados ritrovano sempre volentieri ad ogni uscita discografica, in cui “Sunset Kids” si caratterizza per il sodalizio artistico con Lucinda Williams, che produce l”album e co-scrive un paio di brani, mentre la presenza di Billie Joe Armostrong la segnaliamo solo per stuzzicarvi la curiosità .

L’urgenza rock’n’roll è stemperata, rispetto al passato, in una maggior presenza di atmosfere agrodolci, dove “Shinig down” vede il Nostro ispirarsi alla performance finale all’Hollywood Bowl del 2017 di Tom Petty, uno dei numi tutelari di questo disco.
Ben tre tracce sono recuperate da alcune sue precedenti produzioni e rivivono in questa nuova veste, dove fa capolino anche un pizzico di blues nell’iniziale “Room 13”, ma dove soprattutto Jesse, pur non alterando come già  detto eccessivamente la sua proposta, rende questo suo nuovo lavoro più accessibile e meno urticante , forse in un tentativo di allargare il suo seguito.

Promosso, ma non a pieni voti .