è un ritorno alle origini un po’ atipico quello che ci viene proposto dal buon Tom Jenkinson nelle nove tracce di “Be Up A Hello”. Il quindicesimo album a firma Squarepusher, registrato quasi esclusivamente utilizzando vecchi sintetizzatori analogici, punta dritto al cuore degli appassionati della IDM di scuola Warp ma ripudia qualsiasi forma di pulsione nostalgica.

Metodi di lavoro antichi per nuovi linguaggi musicali? Beh”…più o meno. L’impressione generale è che Jenkinson, nonostante si sia momentaneamente allontanato dal basso elettrico a causa di un polso fratturato, in fin dei conti abbia deciso di non abbandonare del tutto i virtuosismi tecnici caratteristici del progetto jazz/funk Shobaleader One.

Alla base di “Be Up A Hello” c’è infatti il desiderio di dar vita a un suono elettronico caldo, vivo, stratificato, ballabile e imprevedibile; la materia digitale viene rivisitata adottando un approccio da live band. Anzi, da one man band: che si tratti di gioiose sinfonie ultra-melodiche (“Oberlove”, “Hitsonu”), oscure parentesi drum and bass cariche di nervosismo (“Nervelevers”, “Vortrack”) o deliri iper-glitchati che sembrano sbucare fuori dalla soundtrack di un videogame custodito in una cartuccia danneggiata (“Speedcrank”, “Mekrev Bass”), Squarepusher dimostra per l’ennesima volta di essere a suo agio in qualsiasi contesto.

E di esserlo soprattutto quando si trova in totale autonomia, libero di dar sbocco a una fantasia in grado di far convivere in armonia orecchiabilissime linee di synth anni ’80 e intelaiature ritmiche estremamente complesse. A esclusione di un paio di placidi passaggi simil-ambient assai evocativi per sole tastiere (“Detroit People Mover”, “80 Ondula”), è proprio l’astruso lavoro di basso e batteria a rappresentare il punto di forza di “Be Up A Hello”.

Le pesanti rielaborazioni operate da Squarepusher trasformano la sezione ritmica in una scheggia impazzita che segue traiettorie mutevoli ed eccentriche; tra un beat e l’altro si scontrano e si fondono la libertà  del jazz e la frenesia della jungle music, l’energia del rock e l’irriverenza spericolata dei generi figli della gloriosa epoca dei rave party. Tom Jenkinson è un maestro di questo stile dalle mille sfaccettature: con il suo nuovo album, senza strafare o sorprendere troppo, ce lo conferma ancora una volta.

Credit foto: Donald Milne