Nel 2016 Lorenzo Senni è diventato il primo italiano mai scritturato dalla leggendaria Warp. Dopo l’EP “Persona”, sono serviti altri 4 anni per pubblicare “Scacco Matto”, il primo album vero e proprio per l’etichetta britannica. Sono 8 brani che portano a compimento il suo ormai decennale lavoro di decostruzione della trance che l’ha portato sui più famosi palchi per la musica elettronica, dal Sónar al Berghain. Per formazione (ha studiato musicologia a Bologna) dice di essersi sempre sentito più vicino alla sound art, musei e installazioni prima di club e festival. Non a caso Simon Reynolds l’ha di recente incluso in un piccolo manipolo di artisti per i quali ha coniato il termine conceptronica: “musica da contemplare con le orecchie”.

Come nei suoi precedenti lavori, la maggior parte dei suoni di “Scacco Matto” sono generati con un Roland JP-8000, un modello di sintetizzatore prodotto nel 1996 al quale Senni ha dedicato anche una presentazione per la Red Bull Music Academy. Strumento per eccellenza della Eurodance commerciale di fine anni 90, in “Scacco Matto” quei synth taglienti sono un mezzo non ironico nè nostalgico per costruire mondi completamente differenti. “Quando mi capita di ricevere complimenti da fan di musica trance”, ha detto Senni qualche anno fa, “inizialmente sono felice ma poi se ci penso cerco di capire dove posso avere sbagliato, perchè non è esattamente quello che cerco di ottenere.”

è un lavoro per sottrazione: nessuna traccia ritmica o drum machine, innanzitutto. Nessuna voce, nè umana nè artificiale. Una predominanza di accordi minori, progressioni colte (una pare l’abbia copiata da Arvo Pärt), build-up che non si risolvono ma permangono in uno stato incantatorio. Ci sono due anime in “Scacco Matto”, ma non sono un lato A e un lato B, sono mischiate in una sequenza di mosse e contromosse, bianco contro nero, massimalismo e minimalismo. Tra un’apertura rischiosa (“Discipline of Enthusiasm”) e un arrocco immaginifico (“Move in Silence”), viaggi ambient (“Canone Infinito”) e bangers che si potrebbero ballare (“The Power of Failing”), divertissement leggeri fin dal titolo (“Wasting Time Writing Lorenzo Senni Songs”) e euforie pop (“THINK BIG”).

Questa dualità  è presente anche nella copertina, una foto di John Divola scattata nella California degli anni 70. Senni ha spiegato che la contrapposizione tra il tramonto sul mare e la casa vandalizzata rappresentano il contrasto tra il lato più concettuale e quello più emozionale della sua musica. In “Dance Tonight Revolution Tomorrow” “” la traccia migliore, un crescendo apparente di oltre 7 minuti, una scala infinita di Escher “” si può visualizzare l’idea di trance puntillistica che Senni ama usare per descrivere la sua musica. Lo staccato di archi sintetici detta l’armonia per una linea malinconica fatta di note brevissime che compare magicamente chiudendo gli occhi, ricordando il minimalismo post-classico di Nils Frahm.

Il mixaggio è affidato a Max Casacci, e se la cosa vi stupisce è perchè lo ricordate per i Subsonica e non conoscete (come non conosceva chi scrive) il suo side project sperimentale e conceptronico Deproducers. Non è l’unico caso di crossover: Senni ha militato per anni in gruppi punk hardcore, e ha detto di continuare a seguire con interesse la scena. In un mixtape per Bleep in cui ha raccolto brani che a suo dire hanno avuto un ruolo nella costruzione di “Scacco Matto” troviamo da Thom Yorke, agli Shellac, ai Verdena. Questa commistione di influenze crea un disco che è possibile affrontare da molteplici punti di vista, tutti corretti.

La musica di Senni non può essere giudicata (e compresa) semplicemente in base all’ascolto: il suo valore è anche nei meta-livelli che la compongono, nel suo approccio da esperimento scientifico in cui ogni combinazione sonora è studiata meticolosamente. Ma “Scacco Matto” ha un suo appeal istintivo, emozionale, diretto. è un invito a un mondo capovolto, nel quale Senni si pone come ideale cappellaio matto. La cosa più difficile è trovare una chiave di accesso all’immaginario sottostante, ma ancora una volta si tratta di un mistero che affascina proprio per il fatto di non essere mai disvelato. L’unica cosa che sappiamo è che di scacchi il suo autore ha confessato di capirne molto poco.

Alcuni giorni prima dell’uscita del disco ha invitato i fan su un sito web preparato per l’occasione, dove oltre ad ascoltare l’album in streaming si poteva giocare su una scacchiera virtuale, e chattare con lui e un centinaio di suoi amici e fan (tra i quali la collega di etichetta Kelly Moran). L’atmosfera era festosa, goliardica, lontana da qualunque discussione accademica. Senni non sembra mai prendersi troppo sul serio, ma non significa che non prenda sul serio la musica che crea: nerd maniacale di sintetizzatori vintage e di plugin software, il suo approccio creativo è quello di una costante partita a scacchi con sè stesso. In un momento in cui sembra essere la realtà  a dichiararci “Scacco Matto”, un disco come questo ci ricorda quanto i limiti siano necessari per l’arte, quanto con soli 16 pezzi bianchi e 16 pezzi neri, le mosse possibili siano pressochè infinite.

Credit Foto: John Divola