Non è stata semplice la genesi di “Warnings”, terzo disco del duo svedese I Break Horses. Un percorso in crescendo il loro, iniziato con le chitarre shoegaze di “Hearts” e proseguito con il mix dream pop ““ elettronico di “Chiaroscuro” che ha portato fortuna, concerti e consensi a Maria Lindèn e Fredrik Balck. L’album numero tre doveva essere qualcosa di diverso, di più ambizioso.

Ci sono voluti sei anni per registrarlo, tra collaborazioni che non funzionavano e ventiquattro mesi di lavoro andati in fumo per la rottura di un hard drive. Fondamentale l’amicizia col produttore americano Chris Coady che ha creato per gli I Break Horses un suono vivido e cadenzato. La voce di Maria Lindèn è in primo piano in brani come l’intensa “Turn” o la cangiante “Silence” in cui a dominare sono sintetizzatori e drum machine.

Frequenti gli intermezzi spoken word e strumentali, idea che può essere spiazzante all’inizio ma rientra nel piano di Lindèn e Balck: non fare un album immediato, concentrandosi invece su atmosfere coinvolgenti anche quando il ritmo si alza e si avvicina al synth pop (“I’ll Be The Death Of You”, “Neon Lights”). Il meglio però i due lo danno quando l’orologio scorre lento e sicuro come nella vulnerabile “I Live At Night”, in “The Prophet” o in “Baby You Have Travelled For Miles Without Love In Your Eyes”.

Forse il miglior modo di descrivere il disco degli I Break Horses è “norrsken“, parola che in svedese indica l’aurora boreale. Nitido come l’alternanza di colori che muta nel cielo, “Warnings” nasconde in realtà  un’indole scura, empatica e inquietante soprattutto nel finale (“Death Engine”, una “Depression Tourist” volutamente carica di effetti vocali) . Non va tutto bene nel mondo di Maria Lindèn e Fredrik Balck ma il loro resta un viaggio affascinante.

Foto credit: Fredrik Balck