Avevamo parlato dei ravennati Spacepony a luglio scorso, presentando il bel progetto multimediale legato alla loro cover “casalinga” e internazionale di “True Faith” dei New Order. Aspettavamo con curiosità  l’uscita del nuovo album di cui anticipavamo anche il titolo: “Pinball Odyssey”. Quattordici brani in arrivo dopo due EP (“1st EP” e “Vintage Future”) e la partecipazione a diversi album tributo (a Flaming Lips e Mark Linkous) dedicati ad artisti che i The Spacepony ben conoscono e amano.

Punti di riferimento granitici: colonne sonore anni sessanta ““ settanta, dream pop e psichedelia sognante, Grandaddy e Mercury Rev. Influenze importanti che non impediscono nè hanno mai impedito al quintetto di esprimere la propria personalità , evidente anche sulla lunga distanza. Chitarre acustiche e elettriche, basso e batteria sono solo il punto di partenza per un sound costruito con cura e arricchito spesso da tastiere e sintetizzatori.

Spuntano anche un violino e un theremin, strumento da virtuosi, oltre all’ocarina suonata da Gian Michele Carnevali che trasporta nel selvaggio West fin dalle prime note di “Did You Hear Horses Whinny?”. Un viaggio che continua con l’aiuto di collaboratori d’eccezione come Tony Crow e Matt Swanson dei Lambchop e Mike Watt impegnati a impreziosire melodie malinconiche e assoli grintosi che si succedono in crescendo spesso all’interno dello stesso brano (in “Back Home” o in “Feel Alive” e nell’acida “L.I.A.R.” ad esempio) creando atmosfere di grande intensità .

Stefano Felcini, David Alessandrini, Francesco Garoia, Nicola Serafini e Andrea Napolitano realizzano uno sforzo compositivo complesso ma scorrevole in quello che possiamo a tutti gli effetti considerare un concept album. Scelta coraggiosa in tempi di singoli e musica liquida, fatta da musicisti che dimostrano di essere dei veri “Pinball Wizards”.