#10) SUPERCRUSH
Sodo Pop
[Don Giovanni Records]
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Mark non sbaglia un ritornello, non manca una melodia, non fallisce un giro di chitarra, paga i suoi struggenti tributi (arrivate in fondo a “Fair-Weathr Fool”, tanto per citare un brano, e ditemi se li non siamo nel mondo dei Teenage Fanclub“…provate a non dirlo!), ci fa muovere testa e piedi nei pezzi più tirati e ci fa alzare l’accendino (non il telefono!!) nelle ballate, fa i suoi arpeggi classici così come sporca il suono a dovere e si ricorda pure della sua passione per lo shoegaze. Insomma, un disco per i fottuti nostalgici, orgogliosi di esserlo! Yeah!

#9) SLOW PULP
Moveys
[Winspear]
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Gli Slow Pulp riprendono in mano lezioni ben conosciute in ambito slowcore, preferendo tenere i ritmi bassi del loro indie-rock, mentre lievi accenni shoegaze (“Idaho”), a tratti, fanno capolino. Il risultato è molto piacevole. Ottime melodie, coinvolgenti, anni ’90 ma non troppo, capaci anche di pagare un tributo (“Montana”) a radici decisamente classiche, senza sfigurare. Una lezione da manuale, sapientemente aggiornata per adeguarsi alla perfezione ai giorni nostri (e non crediate che sia così facile!).

#8) NAH…
Nah…
[Shelflife Records]
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In tempi così oscuri e deprimenti ci vogliono colonne sonore che possano risollevarci il morale. I Nah”… sono un vero e proprio raggio di sole in musica, che, in 12 deliziosi brani, dipanano i loro amore per il pop anni ’60 e per etichette storiche come la Siesta Records. Gioiellini come “Apple Blossoms” o “Summer’s Failing” riscaldano i nostri cuori con un morbido guitar-pop, ma nel campionario del duo non mancano anche accelerazioni accattivanti (“Roadtrip”) e ritornelli dolci come zucchero filato (“Annie”).

#7) STRAWBERRY GENERATION
Afloat
[Sunday Records]
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Guitar-pop cristallino, che sa trovare lati rumorosi tanto quanto dolci e solari, mentre poi, a tratti, emergono andamenti sorprendenti, dall’anima quasi sophistipop, che ci sorprendono non poco. La base di partenza potrebbe essere quella dei Pains Of Being Pure At Heart, ma in realtà  emergono poi tante altre sfumature che abbracciano tanto il twee quanto l’indie dal gusto morbido e popedelico. Una sorpresa dietro l’altra.

#6) A GIRL CALLED EDDY
Been Around
[Elefant Records]
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A distanza di tanti anni dall’esorio, la nostra Erin sembra voler anche prendere in considerazione momenti più solari, in cui lasciarsi andare in modo spensierato. I fiati fanno capolino e permeano le canzoni coinvolte da questo arrangiamento di una deliziosa patina anni ’70, con melodie decisamente chiare e brillanti, spesso delineate dalla presenza del piano.

#5) PEEL DREAM MAGAZINE
Agitprop Alterna
[Slumberland Records]
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Per stessa ammissione del loro dominus, gruppi come Stereolab e Yo La Tengo sono più che una fonte d’ispirazione, ciononostante i Peel Dream Magazine riescono a sfornare un lavoro che ha una propria personalità  ed un’identità  ben definita, elegante e magnetico, il che non può che strappare applausi convinti da parte nostra.

#4) SOCCER MOMMY
Color Theory
[Loma Vista]
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L’impianto musicale che supporta le sue parole è caldo, coinvolgente, melodico e cangiante. L’approccio è stato quello di suonare i brani live in studio e successivamente farci un piccolo lavoro di post-produzione: tutto risulta vivo, passionale, anche toccante. Melodicamente parlando siamo su livelli eccellenti: pop-rock che cattura la nostra attenzione, mai banalotto e mai pateticamente radiofonico.

#3) OWEN
The Avalanche
[Polyvinyl Records]
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Ancora una volta quello che vince nella musica di Owen sono i dettagli, i piccoli particoliari più intimi che si notano ascolto dopo ascolto, mentre la voce e la chitarra (la base acustica è ben presente in questo disco) ci cullano, ci accarezzano e ci invitano a respirare ossigeno raramente così puro. Sobrietà , sempre, ma non minimalismo, attenzione. Arrangiamenti sempre curati, in modo che ogni strumento (dal piano, agli archi, alla chitarra, ovviamente) abbia spazi, tempi e caratura superiore.

#2) PARADISE LOST
Obsidian
[Nuclear Blast]
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Con ogni probabilità  anche le undici tracce di “Obsidian”, con il loro equilibratissimo mix tra chitarre infernali e oscure melodie, saranno accolte con un pizzico di sorpresa dai nostalgici dei fasti di “Icon” o “Draconian Times”, cui i nostri sembrano guardare come modelli di riferimento.

#1) BDRMM
Bedroom
[Sonic Cathedral]
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Ascoltando questo magnifico esordio ci sembra davvero di ritrovare quelle magnifiche sensazioni che abbiamo sperimentato assaporando il primo disco dei Ride. Non parlo tanto nei suoni, che a tratti si possono accostare ma in realtà  sanno anche distanziarsi a dovere, quanto proprio in quello smottamento emotivo che ci cattura fin da subito. Le onde della copertina dell’ esordio dei Ride, quelle che battevano sul nostro cuore e ci scivolavano nel profondo, sono anche qui, tra i solchi di un album da pelle d’oca, vulnerabile, malinconico e dannatamente coinvolgente.