Sono passati diversi anni da “By the Horns”, l’ultimo disco solista di Julia Stone dopo l’esordio “The Memory Machine” e i molti album realizzati con il fratello nel duo Angus & Julia Stone (qui la recensione di “A Book Like This” e qui quella di “Down The Way”). Un lungo periodo servito all’artista australiana per reinventarsi, abbandonando progressivamente l’indie rock con venature folk per approdare a un pop sofisticato, divertente e giocoso ma non privo di sfumature dark.
L’uscita di “Sixty Summers” è stata rimandata più volte per problemi di distribuzione, arrivando finalmente sulle piattaforme digitali a fine aprile. Ci hanno pensato i singoli a ingannare l’attesa: “Break” vivace omaggio ai Talking Heads, l’elettro pop ritmato di “Unreal” e “Fire In Me”, la deliziosa “Dance” accompagnata da un video coinvolgente diretto da Jessie Hill e interpretato da Susan Sarandon e Danny Glover, “We All Have” struggente duetto con Matt Berninger arrangiato da BryceDessner dei The National. Oltre cinquanta in realtà i brani registrati a New York tra il 2015 e il 2019, in un clima di completa libertà .
Fondamentale l’apporto di Annie Clark (St. Vincent) e Thomas Bartlett in arte Doveman che hanno co ““ prodotto e collaborato alla scrittura di diversi pezzi alternandosi con un buon numero di nomi noti dell’emisfero australe (Kaelyn Behr, Celia Pavey e Daniel Cobbe, Megan McInerney). Un parterre de roi che arricchisce quarantatre minuti ben congeniati: basi costruite accuratamente, tagliate e cucite su misura per ottenere un’atmosfera sexy e soffusa con risultati decisamente buoni in “Heron” e “I Am No One”.
La voce di Julia è il simbolo della sua piccola rivoluzione personale: sicura di sè al naturale, a volte carica di falsetto altre piena di effetti trascina in un viaggio al termine della notte tra sintetizzatori pulsanti e fiati incalzanti che nella title track e in “Free” raggiungono il climax mentre nella movimentata “Who”, in “Easy” o “Queen” rivelano un’impertinenza inedita. Non siamo ancora al livello di Robyn o Kylie Minogue e neppure nel ramo d’inventiva delle CocoRosie ma il nuovo corso della Stone funziona comunque alla grande. “Sixty Summers” sembra fatto apposta per accompagnare un’estate libera da restrizioni.
Credit foto: Brooke Ashley Barone