Inutile negarlo, ho sempre avuto una certa stima ed ammirazione per Kele, sentimenti legati soprattutto ai lavori con i  Bloc Party, che sono entrati prepotentemente, a tutt’oggi, nei miei ascolti frequenti anche con l’ultimo “Hymns”, risalente al 2016 e che, a mio avviso, fu un disco davvero sottovalutato. Certo, ben distante dal capolavoro “Silent Alarm” o dal gioiellino  “A Weekend In The City”, ma senza dubbio un buon lavoro e con almeno 4/5 episodi ben riusciti.

Nel frattempo, Kele è stato davvero impegnatissimo alle prese sia con il musical “Leave To Remain”, sia con i suoi lavori da solista giunti, con questo “The Waves Pt. 1”, alla loro quinta puntata. Uscito lo scorso 28 maggio via Kola Records, label di proprietà  dello stesso Kele, il nuovo lavoro – scritto e realizzato durante la quarantena – arriva a due anni di distanza dal precedente “2042“, ed attrae su di sè un massiccia dose sonorità , molte anche strumentali, indirizzate sulla via del sound perfetto.

Ed in effetti, la ricerca della migliore sperimentazione, che ha sempre caratterizzato, se vogliamo, la musica di Kele, si innesta anche in questo quinto episodio nei tredici brani avvolti da una copiosa intensità . I cinquanta minuti del disco coinvolgono con melodie che, seppur in qualche modo prive di una certa “elevazione” (eccezion fatta per le immediate e graffianti note di “How To Beat The Lie Detector”), rendono l’ascolto piacevole ed accorto.

Anticipato dalla personale e riuscita cover di un classico dei Bronski Beat, una aggraziata “Smalltown Boy” epurata di qualsivoglia spinta elettronica e lasciata all’impronta vocale di Kele, l’album si apre con il primo approccio strumentale di “Message From The Spirit World”, che sembra proseguire il tema in bianco e nero della copertina con le onde del mare in chiaroscuro seguita, poi, da una sorta di “ninnananna” nella successiva “They Didn’t See It Coming” la quale, a mio avviso, si lascia preferire rispetto ad altri episodi dell’album. Così come le note rilassanti che si attanagliano alla traccia di chiusura (nonchè bonus track) “Cradle You”, davvero bella.

Mentre le tracce strumentali riempiranno per metà  il lavoro di Kele – e tra queste, senza dubbio spiccano l’inquietante “Dungeness” e la cruda “The Patriots” ma anche la speranzosa “Intention” – molti brani sembrano voler decollare da un momento all’altro ma, di fatto, rimangono poi ancorati al leitmotiv che segue il brano sin dall’inizio, come ad esempio nella ipnotica “The Way We Live Now” o nella blocpartiana “From A Place Of Love”.

Il cantautore britannico ci regala con questo “The Waves Pt. 1” un disco minimale ed essenziale dal punto di vista sonoro, un disco che vede la sezione ritmica monca delle pelli e, per questo, tutta adagiata su un denso e corposo basso e dove, nel frattempo, trovano spazio chitarra e tastiere ricche di tensione, quella palpabile in ogni singola armonia, mentre i falsetti di Kele riempiono con dovizia di dettaglio.

Siamo al cospetto di un album introspettivo, ardito ed adulto, condito da una mirabile profondità  rinvenibile in tutte le tracce, con un Kele assolutamente a suo agio nella ricerca della migliore melodia possibile.