Attiva sin dal 2016, Ruby Fields ha iniziato a scrivere canzoni all’età  di undici anni e sin da piccola ha imparato a riparare strumenti musicali da un amico di suo padre: oltre a una manciata di singoli, la giovane songwriter australiana ha realizzato finora un paio di EP, “Your Dad’s Opinion For Dinner” (2018) e “Permanent Hermit” (2019), mentre a fine settembre è arrivato questo suo atteso primo lavoro sulla lunga distanza.

Prodotto da Chris Collins (Skegss, Gang Of Youths, Middle Kids) e masterizzato da John Davis (The Killers, Gorillaz, Dua Lipa, Lana Del Ray), il disco è stato pubblicato dalla stessa Ruby Phillips ““ questo il suo vero nome ““ senza l’aiuto di una label.

“Song About A Boy” apre il disco: se inizialmente puo’ sembrare calma, una volta entrate le chitarre l’energia va ad alzarsi colpendo duro, mentre la giovane musicista di Sydney mette in primo piano le sue emozioni con grande sincerità .

Nella successiva “R.E.G.O.”, invece, Ruby preferisce arrivare immediatamente al punto con quella sua vivacità  strumentale fatta di chitarre fuzzy e di un ritornello catchy dai toni punk-pop e alquanto sentimentale.

Le cose rallentano con “Airport Cafè”, dove l’australiana ci porta su territori folk ed è solo nell’ultima parte del brano che la strumentazione ritrova un’inaspettata dose di adrenalina e di potenza.

“Ouch” ha un’anima punk e le sue caratteristiche lo dimostrano: corta (meno di due minuti), veloce, aggressiva, piena di fantastiche chitarre e splendidamente melodica, diventa impossibile resistere e rimanere fermi. Davvero esaltante!

“Bottle’o” chiude infine il disco con una vena malinconica: completamente basata sul piano, il brano mette in luce con grande delicatezza l’aspetto più emotivo della ragazza australiana.

Un lavoro interessante, gradevole e più maturo rispetto alla sua giovane età , questo “Been Doin’ It For A Bit” ci porta un songwriting concreto e sincero da parte di Ruby e segna un passo importante per la sua carriera che, a nostro avviso, potrà  essere ancora lunga.

Photo Credit: Cole Bennetts