Dopo dei singoli così entusiasmanti c’era da scommettere che i Whimsical non avrebbero mancato di esaltarci anche con l’album al completo e così è stato. Krissy Vanderwoude e Neil Burkdoll realizzano, a conti fatti, l’album più bello e completo della loro carriera, quello che ci fa tenere alta l’attenzione dall’inizio alla fine e sopratutto trova il perfetto equilibrio tra le pulsioni shoegaze e quell’indole indie-rock che la band ogni tanto manifesta.
Se il puzzle sonoro si compone di tali pezzi, ecco che non avremo difficoltà  a trovarci fra le mani un vero e proprio gioiello, tanto accattivante e intenso quanto avvolgente e carezzevole.

Sulla voce di Krissy cosa possiamo ancora dire? Un qualcosa che ci lascia letteralmente senza fiato, una versatilità  ormai impressionante e sopratutto la capacità  di imporre la melodia al brano (lo dico forte e chiarto, le melodie dei Whimsical non sono mai state così convincenti come in “Melt”). Nello shoegaze si dice che la voce non sia così importante, qui invece è come se tutto girasse attorno a lei, fondendosi e avviluppandosi a questo sublime timbro vocale, vero e proprio punto di riferimento. Adoro quando Krissy riesce a planare in modo sublime, a librarsi in cielo anche quando le chitarre si fanno così rumorose dietro di lei.
Il disco è vario e eccitante: una “Rewind” che fa partire il disco fortissimo e pieno di energia, “Crash & Burn” che ci porta dritti negli anni ’90 e ci esalta nei suoi cambi di tempo, un basso alla Cure che pervade magicamente tutta l’incantevole “Take All Of Me”, le prelibatezze chitarristiche tanto oscure quanto raffinate e dolci di “Just A Dream”, l’elettronica carezzevole di “Quicksand”.

Le due perle, in un mare di ottimi brani, sono però “Gravity”, che sembra una canzone in una canzone, visti i cambiamenti di umore e di mood all’interno del brano stesso, quando (al minuto 2.25) arriva la parte con la chitarra mi vengono quasi in mente i Type O Negative e poi ecco la voce paradisiaca di Krissy che ci canta sopra, io impazzisco giuro e poi la chiusura con l’acustica, dai, qui proprio si resta senza fiato. La seconda canzone che mi da la pelle d’oca è “Melting Hearts”, di una dolcezza che sembra di essere cullati da questi suoni per arrivare alla parte centrale che si fa più shoegaze e sonica e poi riprende la strada della dolcezza.

Siamo in zona disco dell’anno. Dobbiamo dirlo.

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