Vedere i Tame Impala dal vivo, dopo sei anni dal loro ultimo tour, è un’emozione fortissima e questo report potrebbe tranquillamente essere riassunto in un un’unica frase: MADONNA CHE CONCERTO.

Per tutto il pomeriggio c’è stata una certa preoccupazione meteo, su Milano davano forti temporali, ma l’organizzatore ha garantito che il concerto si sarebbe tenuto in ogni caso, e quindi con un k-way cautelativo e un po’ di rassegnazione a prendere acqua ero lì, all’Ippodromo.

(Unica) nota negativa: il caos all’ingresso. C’era obiettivamente tantissima gente, ma non era chiaro quale fosse la fila per il Golden Pit, quale quella per l’entrata normale, per cui tutti insieme appassionatamente, e come va va. Mezz’ora in coda (non riesco a vedere Giorgio Poi), a non capirci granchè, poi alle transenne finalmente la luce: il Pit nella medesima coda, l’ingresso normale in un’altra che paradossalmente era molto più veloce.

Dettagli, vero, ma un pelino più di organizzazione non avrebbe guastato. E non dico tanto, sarebbe bastato organizzare “a destra dell’entrata coda per chi ha il biglietto normale, a sinistra coda per il pit“.

In ogni caso, traguardo i controlli, mi faccio dare il braccialetto per il pit, ed entro che i Nu Genea stanno già  suonando. Li conosco pochissimo, ma li ho trovati divertenti e coinvolgenti, il mood era decisamente positivo e dancereccio, anche se ogni tanto siamo stati invitati a ballare di più. Cosa che abbiamo diligentemente fatto.

Alle 21.30 ““ precisissimi ““ si spengono le luci e parte il video della “AionWell” dove un’infermiera con denti bianchissimi ci introduce al tour che ““ come un’enorme boccetta gonfiabile all’uscita recita è dedicato al Rushium, un farmaco (una pozione?) legato alla time teraphy, che potrebbe o non potrebbe alterare la percezione del tempo e potrebbe o non potrebbe essere reperito direttamente al concerto, e potrebbe o non potrebbe teletrasportati in un’esperienza psichedelica.

Non so se fatta o meno di Rushium (giuro, non l’ho preso!), ma ho passato la successiva ora e mezza su un ottovolante coloratissimo e fatto di sensazioni, endorfine, effetti visivi incredibili, coriandoli che venivano sparati, luci laser che spostavano dimensioni, e su tutto la musica di Kevin Parker, che dovrebbe essere considerato patrimonio dell’umanità  per tutta la felicità  che produce.

Musicalmente parlando il concerto è un mix equilibrato tra “The Slow Rush” (da quest’album l’apertura con “One more Year” e “Bordeline”) e “Currents”, che resta a mio avviso un capolavoro indiscusso. C’è qualcosa anche di Lonerism e mi trovo a pensare che il pubblico super giovane che è qui quell’album probabilmente l’ha recuperato in un secondo momento, ma va benissimo così.

Per parecchi motivi io a “Current” voglio davvero bene, e quindi quando parte “Eventually” è un momento di vera commozione, tutti a cantare “but I know that I’ll be happier and I know you will too” e scommetto che parecchi quella canzone ce l’hanno nel cuore, e l’hanno cantata nei momenti di sconforto.

Momento super tenerezza: Kevin fa salire sua figlia sul palco, che è un frugolino delizioso dotato di un ciuffo di capelli legati in cima alla testa, un vestitino svolazzante e delle cuffie di protezione bianche, molto più interessata a tutti i coriandoli rimasti sul palco che a noi.

Gli encore sono i super classici “The Less I Know”, con quell’intro che mette i brividi sul disco, figuriamoci dal vivo, e “New Persons, Same Old Mistake”.

Uno dei parametri che ho per valutare un concerto è quanto il giorno dopo io abbia o meno voglia di riascoltare gli album. è dalla mattina dopo che passo da “The Slow Rush” a “Current” a “Lonerism” senza smettere mai.

MADONNA CHE CONCERTO l’ho già  detto?

Photo:Raph_PH, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons